Quantcast
Channel: DIARIO DI PENSIERI PERSI
Viewing all 270 articles
Browse latest View live

Recensione “Waiting Room” di Bianca Rita Cataldi

$
0
0
Ho conosciuto questa giovanissima autrice due anni fa, in occasione dell’uscita del suo primo romanzo, Il fiume scorre in te (Booksprint Edizioni): si trattava di una storia di formazione fantatemporale (un po’ alla Donnie Darko) costruita sul canovaccio di un racconto lungo, con cui Bianca (all’epoca 17enne) era arrivata in finale al premio Campiello Giovani. 

Un primo romanzo che, pur nelle sue fisiologiche ridondanze adolescenziali, già tradiva le avvisaglie di uno stile molto personale, di un intreccio studiato e originale, di una notevole poesia di sentimenti. Un talento in boccio che ritroviamo in questo suo secondo lavoro, stavolta di stampo completamente realistico: una storia intimista, con una protagonista anziana e tormentata, in lotta con i ricordi della sua giovinezza.

Questo è un romanzo amaro, introspettivo, la cui indagine sulla natura umana si espande ben oltre la giovane età dell’autrice, imboccando la strada verso la letteratura. 

Autore: Bianca Rita Cataldi
Titolo: Waiting room
Editore: Butterfly Edizioni
Collana: Raggi di sole
Pagine: 147
Prezzo: 12 euro
Trama:È il 1942. In una Puglia bruciata dal sole, Emilia e Angelo condividono la passione per il sapere, il desiderio di libertà e il tempo della loro giovinezza. Settant'anni dopo, seduta nella sala d'attesa di un dentista, Emilia rivela a se stessa la verità negata di una giovinezza che adesso, per la prima volta, ha il coraggio di riportare alla luce. Con una scrittura che è poesia del ricordo e caleidoscopio di emozioni, Bianca Rita Cataldi accompagna il lettore tra i sorrisi e le lacrime di una donna come noi, raccontando la storia di un amore mancato, di una generazione nell'età dell'incertezza, di un'attesa che attraversa tutta una vita.

RECENSIONE
Questa storia si sviluppa su due piani narrativi differenti: il presente, in cui la protagonista Emilia (professoressa di lettere in pensione) affronta i primi acciacchi della vecchiaia con il sostegno delle tre vicine di casa e il passato, un’età dell’oro, di smottamenti storici e rimpianti, in cui si richiama alla memoria un amore impossibile, di stampo vagamente “marqueziano”. Il tutto ha luogo nella sala d’aspetto di un dentista, in cui l’anziana prof si lagna dell’imperante paradigma anglofono che tutto abbatte, facendola sentire impotente, visto che lei l’inglese non lo sa.

Il piano narrativo contemporaneo è senz’altro il più riuscito, il più convincente: l’acume e la delicatezza con cui Bianca ci racconta i pensieri malinconici che occupano la mente di Emilia è qualcosa di assolutamente miracoloso, specie se si pensa che proviene da una persona di appena vent’anni, che è riuscita in modo perfetto a calarsi nei panni di un’anziana piena di rimpianti, qualificandosi con una consapevolezza che va molto oltre la sua giovane età.
Ignorare è il modo migliore per sopravvivere ed io volevo solo questo: sopravvivere. Chiudere gli occhi e respirare dalla bocca senza sentire il tanfo della vita intorno a me. Volevo stare al mondo come una pianta in un vaso e farmi annaffiare da qualcuno fino alla fine dei miei giorni senza conoscere mai il nome di quel qualcuno. Senza amarlo, per non sentirlo mancare mai. 
Il lungo flashback che ci accompagna indietro nel tempo, precisamente nel 1942, ci parla di una Emilia adolescente, unica di tutto il suo paesino pugliese desiderosa di studiare per emanciparsi dagli umili mestieri con cui occupano il loro tempo parenti e amici. Un destino condiviso con Angelo, un lontano cugino dimenticato, che torna al paese per annunciare che studierà medicina a Roma. La storia di un amore passionale e tormentato, che tuttavia si infrange sulle difficoltà del caso, su quel sentimento di stillante umanità che è la vigliaccheria: una vigliaccheria dettata dal buon senso, dal sogno di una vita migliore, dalla difficoltà del momento storico.

Mentirei se dicessi che la ricostruzione storica ha una grande rilevanza: a svettare da questa pagine sono i sentimenti, cui la storia fa davvero solo da sfondo, creando un’allure sospesa in mezzo al tempo; a parer mio, a differenza di ciò che hanno detto altre recensioni, si tratta di una scelta. Prerogativa di Bianca non era, infatti, raccontare gli anni del ventennio fascista (motivo per cui è difficile considerare questo libro un romanzo storico), ma piuttosto fotografare impressionisticamente quel momento privato, proprio come viene ricordato dalla memoria di Emilia, che ne ha una visione mitica e pesca nella sua mente solo ciò che vi è legato, tralasciando tutto il resto.

Piuttosto, la giovinezza dell’autrice ancora traspare dal limpido e folle trasporto con cui racconta l’emozione del primo amore, descritto in tutta la sua dirompente forza totalizzante: il tempo e la consapevolezza (per fortuna, o purtroppo) verranno prima o poi a velare e chiaroscurare anche questo fuoco.

Uno stile essenziale, eppure profondamente personale e ricco di metafore, di indicazioni sensoriali, rende la prosa di Bianca incalzante e subito riconoscibile: un’autrice che alla sua età ha già raggiunto un livello di maturità artistica che certi autori blasonati non hanno a cinquant’anni. Una promessa per la nostra letteratura, un libro fresco e introspettivo da portarvi in vacanza per non smettere mai di riflettere sulla vita, senza rinunciare all’appeal di un’incalzante storia d’amore. 

L’AUTRICE
Bianca Rita Cataldi è nata nel 1992 a Bari, dove frequenta la facoltà di Lettere e studia pianoforte in conservatorio. Finalista al Premio Campiello giovani 2009, ha esordito nel 2011 con il romanzo Il fiume scorre in te (Booksprint Edizioni). Waiting room, finalista della II edizione del premio Villa Torlonia, è il suo secondo romanzo.

Recensione "Io ti sento" di Irene Cao

$
0
0
Cari lettori e lettrici,
eccoci qui a commentare il secondo capitolo della trilogia erotica di Irene Cao Io ti sento, in cui l’autrice ha cambiato il registro della narrazione segnando un gradito cambio di passo rispetto al primo volume della trilogia (leggete QUI la recensione). Dopo questa seconda parte, attendo con interesse il terzo volume, Io ti Voglio, che uscirà il 10 luglio (per la serie: battiamo il ferro finché è caldo).

Io ti sentoAutore: Irene Cao
Titolo: Io ti sento
Editore: Rizzoli
Collana: Max
Pagine: 294
Prezzo: € 14,90
Trama: Ha voltato pagina, Elena. I giorni di passione e follia con Leonardo l’hanno resa una donna più forte, l’hanno condotta al lato oscuro del piacere, ma ora sono solo un ricordo sfocato che ogni tanto attraversa i suoi pensieri. Oggi Elena sa cosa vuole, e ha scelto Filippo: è per lui che ha lasciato Venezia, trasferendosi a Roma. E la loro nuova vita insieme è praticamente perfetta, un’armonia di affinità elettive, a letto e fuori. Ma cancellare il passato, se il destino fa di tutto per ostacolarti, è impossibile. Perché la storia con Leonardo non è ancora finita e basta un incontro casuale per riaccendere un fuoco mai spento. È la sera del suo trentesimo compleanno, ed Elena non potrebbe immaginare che il ristorante dove Filippo l’ha portata per festeggiare sia… di Leonardo! Quel suo sguardo che le tocca il cuore e poi un solo bacio, rubato nella cucina del locale, sono un nuovo travolgente inizio. Niente più regole, adesso si gioca a carte scoperte: perché questa volta nascondere l’amore non serve più, nemmeno dietro il senso di colpa per il tradimento, e il sesso non è più solo ricerca del piacere allo stato puro, ma un incontro di anime che si appartengono. Fino a quando il segreto più inconfessabile di Leonardo verrà alla luce, ed Elena dovrà decidere se è disposta a pagarne il prezzo...

 RECENSIONE
Elena è cambiata, sotto molti aspetti. Tre mesi a Roma hanno trasformato la ragazza insicura e piena di sensi di colpa in una donna che faticosamente cerca di mettere insieme i cocci che la sua storia con lo chef Leonardo le ha lasciato dentro. Così, nuova vita, nuova storia d’amore, nuovo lavoro. Via da Venezia, sensuale e complice, per una Roma sontuosa, immersa in un’estate calda, piena di luci e ombre. Un nuovo affresco, una collega, Paola con cui dividere le responsabilità. Paola è ombrosa, difficile, ma Elena è ben decisa a guadagnarsi la stima o per lo meno, il suo rispetto della collega. Adesso Elena vive all’Eur, in un appartamento con Filippo. Il loro è un amore fatto di consuetudini e passione gentile, pieno di gesti di tenerezza che scandiscono una quotidianità di cui la protagonista è affamata. Sono una coppia affiatata sotto molti punti di vista, e seppure a Elena manca il conforto di Gaia, la sua migliore amica, la vita con Filippo e il suo amore riescono a colmare quasi del tutto i vuoti che serba nell’anima.

Quasi del tutto. Perché Leonardo è un buco nero che Elena si ostina a ignorare, che è ancora capace di risucchiare via il sorriso e la serenità. Così, quando per un gioco del destino Leonardo riappare, la donna ne è devastata. Filippo porta Elena a festeggiare il suo compleanno in un ristorante di lusso, e alla fine della cena la ragazza comprende che è il suo vecchio amante ad aver preparato per lei quel dolce con la composizione di melograno. Da quel momento, Elena è lacerata dal bisogno spasmodico di vivere la sua vita nei binari che ha faticosamente tracciato da una parte; dall’altra c’è il desiderio insopprimibile di “combattere” una vera e propria guerra di sentimenti con Leonardo, da cui si sente attratta.

Non uso la parola guerra a caso. Il loro è uno scontro di volontà. Se è pur vero che Elena soccombe, è anche vero che la protagonista lotta con tutte le sue forze per resistere a quella che non è più una tentazione, quanto piuttosto un bisogno fisico di quell’uomo. E così, Elena ricomincia a vivere sul filo del tradimento, alternando momenti di rimorso verso Filippo, che le ha proposto di “dare una svolta” alla loro relazione ad altri di rabbia verso Leonardo, che le fa vivere momenti di passione assoluta e devastante. La situazione non può durare a lungo, e infatti gli eventi precipitano, costringendo Elena a fare una scelta di vita.

In questo secondo romanzo Irene Cao vira verso l’erotico. Ancora una volta, le scene di sesso non sono numerose ma sono certamente più forti, sensuali e d’impatto. A questi contenuti a tinte forti si assomma una maggiore capacità espressiva dal punto di vista psicologico: Elena è delineata in maniera convincente e ben marcata, e non vi è più spazio per le incertezze stilistiche del primo volume. Dell’atteggiamento titubante e ondivago non rimangono che alcuni echi, disseminati qui e là, ma non invasivi come era accaduto nel romanzo precedente.

Anche le due figure maschili, Filippo e Leonardo, hanno maggior rilievo e potenza. Ciò si avverte soprattutto con Filippo, che nel primo volume era un’ombra sbozzata ed evanescente e che adesso ha acquistato dignità e spazio. È l’uomo che ama, senza crearsi dubbi o domande, perché è autentico. Forse scontato, forse noioso. Ma incredibilmente reale. Leonardo ha assunto caratteri più umani. Siamo sempre in zona “bello e dannato”, ma l’allure magnetica che si percepiva nel primo volume è stemperata dalla passione che traspare dalla sua ricerca, da una richiesta di sottomissione che, di fatto, è una richiesta di accoglienza e ascolto. Il suo è un sentimento confuso, trattenuto, a volte nascosto quasi con vergogna. Mostra lampi di paura che fanno sì parte del cliché, ma che l’Autrice è riuscita a rendere credibili nella vicenda, dandogli una patente di autenticità.

Meno forti risultano le figure di Paola e di Martino, figure minori della vicenda, che pure hanno un ruolo non secondario nella decisione finale di Elena. In un certo senso, Paola rappresenta l’evoluzione della figura di Gaia, l’amica/consigliera/spalla su cui piangere, ma non ha la stessa vivacità emotiva che aveva Gaia. Ha un carattere assai più sfaccettato, molto complesso, che avrebbe meritato qualche battuta in più. Peccati venali per un libro che comunque è intrigante e piacevole.

Infine, lo stile. Se nel romanzo precedente si avvertivano delle ingenuità, in questo sono decisamente diminuite. La scrittura è fluida, armoniosa, probabilmente perché l’Autrice ha preso il giusto passo con la storia ed è entrata appieno nella vicenda. Un romanzo improntato a una maggiore e più forte sensualità, mai volgare, giocato con una particolare attenzione alla psicologia dei personaggi e delle ambientazioni.Di sicuro, si pone molte spanne al di sopra dei testi analoghi che compaiono in libreria in questo periodo, con numerosi conflitti drammatici che tengono il lettore avvinto alla pagina. È un erotico di classe, oltre che una storia d’amore particolare e coinvolgente.


L'AUTRICE
Irene Cao è nata a Pordenone nel 1979. Ha studiato Lettere Classiche a Venezia, dove ha conseguito anche un dottorato in Storia Antica. Attualmente vive in un piccolo paese del Friuli. Questo è il secondo romanzo della prima trilogia erotica italiana, che è già in corso di traduzione in Spagna, Germania e Brasile.

Quello che le blogger vogliono: "Obsidian" di Jennifer L. Armentrout

$
0
0
Cari lettori,
Modelli di Abercrombie & Fitch all'entrata del negozio
Negli Stati Uniti, patria indiscussa del paranormal romance, Obsidianè stato definito un caso editoriale: un libro – e una serie – che ha raggiunto le vette delle classifiche di vendita conquistando compagini di lettrici sfegatate. Alcuni, forse malignamente, forse no, hanno ipotizzato che il successo dell’opera non fosse dovuto agli elementi originali, allo stile dell’autrice e alla storia, quanto per l'inusuale strategia di marketing attuata, ispirata quasi sicuramente alla Abercrombie & Fitch. L'autrice, infatti, durante il tour promozionale si è fatta accompagnare dal modello della cover americana (Pepe Toth), che è diventato così, agli occhi di tutte le fan, l’unico possibile volto del protagonista Deamon. Sarà stato il fascino di Toth, e la distesa di addominali scolpiti, a decretare il successo di Obsidian? Forse no, sebbene questa nuova strategia potrebbe rivelarsi una nuova rivelazione nella promozione del paranormal romance, nonché un rilancio del genere stesso dopo che l'onda lunga di Twilight si è acquietata.


In Italia, il privilegio di pubblicare Obsidianè andato alla Giunti Editore, che ha deciso così di accontentare un gruppo blogger che, con una petizione pubblica firmata da diverse centinaia di persone, richiedevano che la serie Lux fosse tradotta anche nell'italica penisola.

Sarebbe però da ingenui pensare che una manciata di firme siano riuscite a convincere un editore alla pubblicazione. Indubbiamente la petizione è servita a far notare il romanzo a chi di dovere, ma la scelta è stata dettata da altri fattori, non ultimo il potenziale commerciale del romanzo e il suo perfetto inserimento nelle attuali richieste di mercato. L'idea è lodevole: il tentativo è quello di instaurare un contatto diretto, veicolato dalla rete, tra il pubblico ricevente e la casa editrice. Dobbiamo però essere realistici, i blogger non hanno ancora un'influenza tale per condizionare significativamente le decisioni di una casa editrice. Al momento, però, possono ricoprire la posizione di consiglieri, soprattutto per la segnalazione di romanzi stranieri conosciuti attraverso la blogosfera statunitense.

Qualcuno potrebbe parlare di casi isolati; c'è chi afferma che i blog rappresentano solo un fenomeno marginale nell'editoria italiana, e che non riescono a spostare significativamente le vendite. Adesso! Ma in futuro?

Nei prossimi anni, quando il fenomeno si sarà stabilizzato e consolidato, i lit-blog rappresenteranno una risorsa fondamentale, molto più di adesso, sebbene gli editori utilizzino i blog come veicolo pubblicitario economico. La generazione 2.0 attuale è solo l’avanguardia del mutamento in corso e sarà – spesso lo è già – il primo soggetto a cui faranno riferimento le statistiche e le campagne di marketing. I recensori attivi in rete, in futuro potranno diventare una voce autorevole, fidata, per i lettori, dopo anni di attività di blogging sulla rete. Quello che non si può prevedere è la selezione: quali blogger diventeranno influencer? Quanti di questi riusciranno a dare un apporto qualitativo alle scelte editoriali?

Quando ho scoperto l'iter di pubblicazione di Obsidian, i giochi erano fatti. Sebbene un po’ scettica, desideravo essere coinvolta così da poter poi dire: “Ecco, i lettori sanno cosa vogliono, non siamo pecorelle delle mode, sappiamo valutare un prodotto. Vogliamo intrattenimento, ma che sia di qualità.” Non mi aspettavo un capolavoro, ma certamente non un mix poco originale tra Twilight e Roswell narrato con uno stile sciatto e banale, personaggi solo abbozzati e una storia, dal grande potenziale (questo è indubbio), non adeguatamente approfondita.

Durante la lettura, e al suo termine, un tarlo mi rodeva: “È questo il meglio che la produzione straniera offre in merito al paranormal young adult? È questo quello che le lettrici italiane vogliono? E soprattutto, se è questo quello che vogliono, cosa ci riserverà il futuro editoriale? Questo connubio tra lettori e case editrici è auspicabile oppure, per dirla da “bravo” di manzoniana memoria, “questo matrimonio non s’ha da fare”?

Il libro della Armentrout dimostra senza ombra che avere un’idea semi-originale non è l’unico ingrediente per creare un buon libro. Se al termine ‘alieni’ sostituiamo ‘vampiri’, assistiamo al revival della storia di Twilight: un amore impossibile e improbabile tra due adolescenti di specie diverse che lottano senza riuscirci contro i propri sentimenti e contro il nemico della specie “aliena”. Che sia una lotta per mantenere lo status quo, per difendere il proprio amore o la distruzione degli alieni, e probabilmente della Terra, l’equazione non cambia, anzi, mostra tutto il proprio limite nel momento in cui l’autrice ha la geniale idea di riproporre interi momenti che sembrano la fotocopia del suo omonimo vampiresco (trasferimento in una remota cittadina degli Stati Uniti – ma, leggendo gli YA non vi sembra che negli USA di recente il flusso migratorio si sia terribilmente intensificato? – genitore unico quasi sempre assente che lascia la figlia in balia degli eventi e degli incontri ‘strambi’, passeggiate nei boschi e tavolo degli asociali solo per citarne alcuni). Nonostante il world building e le dinamiche tra le varie specie abbiano un certo appeal, non sono sufficienti per risollevare il tedio generale.

C’era da sperare nei personaggi che, sebbene propongano un appagante e piacevole diversivo grazie ai loro continui battibecchi e giochi di attrazione/repulsione, non riescono a superare il circolo vizioso di due adolescenti qualunque alle prese con gli ormoni impazziti. Esaurendo il loro rapporto in poche banalità viste e straviste (mi piaci, non mi piaci, ti devo difendere, so difendermi da sola, tu non sai chi sono e cosa posso fare, non preoccuparti io posso accettare tutto). La psicologia e la personalità dei protagonisti viene quindi solo abbozzata. Di certo nemmeno lo stile dell’autrice aiuta, risultando a lungo andare banale e semplicistico, per aggiungere un minimo di pathos alla narrazione. Nel caso di romanzi di qualità non eccelsa avevamo come giustificazione il fatto che non fossimo noi a decidere, ma adesso le carte in tavola sono cambiate. 

È questo quello che realmente vogliamo o è semplicemente ciò che ci meritiamo?

Recensione “Il segno del destino” di Robin LaFevers

$
0
0
Cari lettori, 
a volte capita di giudicare un libro dalla sua copertina (e dalla trama riportata sulla quarta), di lavorare di fantasia e aspettarsi qualcosa che nella lettura non trova riscontro. Personalmente credevo che, ne Il Segno del Destino di Robin LaFevers, avrei trovato uno Young Adult ricco di magia, ambientato in un’epoca simil medievaleggiante. Quello che invece mi aspettava, era un romanzo storico ricco e ben curato nei dettagli, al quale l’autrice ha aggiunto sapienti tocchi di delicato romanticismo ed elementi fantastici misti a credenze popolari. Un libro che mi ha piacevolmente sorpresa e che sembra essere arrivato in Italia un po' in sordina, ma che vale la pena portare alla ribalta.

Il Segno del Destino, nasce in patria come Grave Mercy e fa parte della His Fair Assasin Trilogy, giunta in America al secondo capitolo dal titolo Dark Triumph. Cercando aneddoti e informazioni sul sito ufficiale dell’autrice, ho scoperto che ha regalato ai suoi lettori diverse scene inedite, che per diversi motivi, sono state tagliate nell’editing finale.

Io ne ho scelte due che, abilmente tradotte da Irene Sorrentino e Marina Albamonte, potrete leggere scaricando il pdf.  

Autore: Robin LaFevers 
Titolo: Il Segno del destino 
Titolo originale:Grave Mercy 
Traduzione di: Donatella Rizzati 
Casa Editrice: Fanucci 
Collana: Tif extra 
Pagine: 464 
Prezzo:  12.00 
Data di uscita: 23 Maggio 2013
Trama: Il destino di Ismae è stato scritto ben prima che lei nascesse: la Morte l’ha segnata con una cicatrice, ma questo marchio funesto si rivelerà invece la sua strada per la salvezza. Sarà proprio quella cicatrice a farla ripudiare dal marito, un uomo violento che è stata costretta a sposare. La mano della Morte continua a guidare la ragazza, che fugge da tutto per cercare riparo nel convento di Saint Mortain, dove alcune suore osservano ancora gli antichi riti tradizionali. Qui viene trasformata in una perfetta assassina; silenziosa, seduttiva e letale, un’ancella della Morte. Presto, Ismae viene inviata alla corte di Bretagna per fare luce sugli intrighi che mettono in pericolo non solo il regno, ma anche la vita della giovane duchessa Anne. Per riuscire nell’impresa, dovrà fare appello a tutto ciò che ha imparato nel convento. Peccato che non le abbiano insegnato come tenere a bada i moti del cuore, e Ismae si ritrova lacerata tra il dovere e l’amore che preme nel suo cuore. 

RECENSIONE
Bretagna, 1485 Ho una macchia rosso scuro che mi scende dalla spalla sinistra giù fino al fianco destro, una traccia del veleno della fattucchiera che mia madre prese per cercare di abortire quando era incinta di me. Il fatto che sia sopravvissuta, secondo la fattucchiera, non è un miracolo, ma il segno che sono stata generata dal dio della morte in persona.
Inizia così la storia di Ismae, una ragazza segnata sin dalla nascita dalla mano di Saint Mortain, patrono della morteLa incontriamo il giorno delle sue nozze, lontana dal sogno fanciullesco di un matrimonio d’amore. Il padre l’ha venduta per qualche soldo a un uomo che sembra la sua esatta copia: alcolizzato e violento. Ma, non è per lei una vita in quel villaggio bigotto dove tutti la evitano e la guardano con un misto di sdegno e orrore, ne tra le braccia di un uomo come quello al quale è stata venduta. Grazie al prete itinerante che ha celebrato la cerimonia, Ismae riesce a scappare per iniziare un viaggio che la porterà verso la sua nuova vita, proprio lì dove quel marchio che si staglia sulla sua pelle l’aveva destinata.
E così comincia il mio viaggio attraverso la Bretagna. Vengo contrabbandata come un carico proibito, nascosta tra rape o fieno nel retro dei calessi, svegliata da voci furtive e mani maldestre mentre passo dal prete itinerante alla fattucchiera, una catena oscura composta da gente che vive in armonia con gli antichi santi ed è determinata a nascondermi alla Chiesa.
Nell’abbazia di Saint Mortain per la protagonista c’è finalmente un approdo sicuro, un posto in cui spogliarsi del passato e delle proprie paure, dove crescere ed imparare ad essere donna. Non una donna qualsiasi, ma una donna potente, dotata di ogni possibile arte per conquistare e irretire le proprie vittime, con un bagaglio sulle arti del combattimento, sull’uso dei veleni e su ogni modo immaginabile di uccidere.
Un’assassina, un’ancella della morte.
Il nostro compito, in questo convento, è istruire coloro che sono state generate dal Dio della Morte. Insegniamo loro a eseguire i propri doveri velocemente e con efficienza. Di solito scopriamo che Mortain ha concesso alle sue figlie alcuni talenti speciali o abilità. Abilità che vi aiuteranno a portare a termine la sua opera.
Dopo tre anni di addestramento, Ismae sarà destinata alla corte della giovane Anne di Bretagna, sulle cui spalle grava il peso di un regno lasciato orfano del re da poco morto. Una duchessa ancora bambina, la cui mano è stata promessa a più di un pretendente per favorire accordi e siglare una pace precaria, che adesso minaccia di infrangersi. Sarà compito della novella assassina sciogliere le intricate trame di corte e scoprire chi cela il volto da cospiratore dietro una maschera di educata gentilezza. La missione però le riserverà inaspettati risvolti ed incontri che metteranno la sua fede e le sue certezze a dura prova.

Il Segno del Destino si è rivelato un romanzo storico magistralmente curato nei minimi dettagli. Gli usi, i costumi e tutti gli avvenimenti storici, sono frutto di un attento e minuzioso studio delle fonti. Nel suo sito, l’autrice dichiara che una delle domande più frequenti che le viene rivolta è quanto c’è di vero nella storia da lei narrata e, la risposta che lei da è: abbastanza. I fatti storici, i tempi, le battaglie, sono tutte prese rigorosamente dalla storiografia. Anche la maggior parte dei personaggi riportati, come i rappresentanti del concilio ristretto della duchessa, i nomi dei baroni e il fratellastro Francois sono esistiti veramente. Per dar voce a molti di loro, la LaFevers si è basata sulle descrizioni e su fatti riportati in molti documenti, così da non lasciare nulla al caso.

L’autrice è stata formidabile nell’intrecciare la sua fantasia alla realtà, inserendo solo alcuni personaggi: naturalmente la nostra Ismae ed il convento si Saint Mortain, ma anche Gavrie Duval, che non rientra nella “cerchia familiare” della duchessa. Un’altra libertà che la scrittrice dichiara di aver preso, è quella di aver inserito il personaggio di Madame Hivern nella storia nonostante nella realtà fosse morta alcuni anni prima della data di inizio del romanzo. Per chi volesse, è possibile approfondire l’argomento sulla storia ed i fatti che hanno portato alla scrittura del romanzo QUI.

Interessante si è rivelato il pantheon dei nove antichi dei, abile risultato di commistione  tra fantastici e lontani echi delle divinità celtiche e romane. Saint Mortain, Saint Camulos, Saint Amourna, sono solo alcuni dei nomi che troverete. Divinità che come nella realtà sono state pian piano assorbite dalla religione cattolica, che ha edificato sulle pietre dei vecchi altari per i riti pagani le proprie chiese. Potete trovare sul sito dell’autrice uno specchietto con i nomi dei nove antichi dei e il legame con le divinità di origine celta e romana che li hanno ispirati QUI.

Come già detto, la storicità è pienamente rispettata e anche i luoghi toccati dall’occhio del lettore, sono realmente esistiti. Non è così per il convento di Saint Mortein e le sue pratiche, frutto della fantasia della LaFevers, che però ha usato come immagine per costruirlo, una piccola cappella medievale, nei pressi di Ile de Sein, che fu edificata accanto ad un’alta pietra utilizzata per gli antichi riti pagani. 

Per quanto riguarda la magia, nel romanzo se ne trova ben poca così come gli elementi fantasy a cui erroneamente questo libro viene accostato. Più che altro, si può parlare di uso fantasioso di alcune abilità, mischiate ad un pò di misticismo. Ma non mi spingerei oltre. Questo libro non è un fantasy puro né un Urban fantasy, ma uno storico con un tocco di romanticismo unito ad una visone fantasiosa delle antiche religioni.

Nonostante le 464 pagine, lo stile fluido e scorrevole faranno scivolare via il testo senza che ve ne accorgiate. L’autrice, forse anche grazie alla sua grande esperienza nel campo di romanzi per bambini e ragazzi,è quello che si può definire un bravo affabulatore. Riesce a scandire il ritmo del racconto con sapienza, regalando momenti intensi e immagini di un certo impatto. Manca però, a mio avviso, un po' della storia che parla degli anni di addestramento in convento. Passiamo da una Ismae indifesa ad una Ismae assassina, senza vedere cosa e come glielo hanno insegnato.
Peccato.

Tutti i personaggi sono ben caratterizzati e i loro caratteri abilmente cesellati. I comprimari riescono spesso a far breccia nell’immaginario del lettore grazie alle loro peculiarità, così da renderli tutti vividi ed interessanti. Intelligente ed azzeccato, è il personaggio di Sybella. Appare e scompare dalla storia, ma riesce ad inserirsi nei momenti clou della narrazione, suscitando interesse e curiosità sul suo ruolo e sulla missione che le è stata assegnata. Si viene così a creare una certa aspettativa, che fa da apripista per il secondo capitolo della His Fair assassin Trilogy, Dark Triumph, del quale la ragazza sarà protagonista.

Unico neo, nonostante l’abile penna dell’autrice, sta nel sex appeal di Duval. Malgrado ci si affezioni a lui e, naturalmente si inizi a tifare per un lieto fine per la storia d’amore, il Duval uomo manca di un po' di pepe,che lo renderebbe infinitamente più “appetibile” agli occhi delle lettrici. Nulla da dire invece, sul personaggio di Ismae, vera più che mai:con i suoi dubbi, le sue paure e la sua voglia di riscatto.
Sono un' ancella della morte. Cammino nella sua ombra oscura e compio il suo volere. Servirla è la mia unica ragione di vita, e ho consentito all 'irritazione di allontanare quel dovere dalla mia mente. Non accadrà di nuovo.
Un libro che, come ormai avrete capito, mi è piaciuto molto e che considero ben fatto sotto tutti i punti di vista. Un appunto, prima di chiudere, è per la copertina scelta per l’edizione italiana; priva di impatto e leggermente fuorviante, perché da l’impressione di un libro per ragazzini.

Potete leggere un estratto del libro sul sito Fanucci QUI 


LA SERIE- HIS FAIR ASSASSIN (TRILOGIA):
1. Grave Mercy - Il Segno del Destino (Fanucci 2013) 
2. Dark Triumph (appena pubblicato in America) 
3. Mortal Heart (Pubblicazione prevista per il 2014)


Grazie al lavoro delle nostre traduttrici Irene Sorrentino e Marina Albamonte, potrete leggere due scene tagliate nella fase di editing de Il segno del destino.

La prima, curata da Irene, riguarda il periodo di addestramento di Ismae nel convento di Saint Mortain.

La seconda, quella di Marina, è invece un finale alternativo della storia. Il mio consiglio, è quello di leggerli dopo aver finito il libro, sia per non rovinarvi la sorpresa sia per inserirli nella corretta cronologia ideale della storia. Il finale alternativo risulterà, spero, particolarmente interessante e gradito, poiché vi darà uno sguardo su alcuni eventi e soluzioni che apriranno il secondo capitolo, Dark Triumph, e vi farà tirare un sospiro di sollievo sul destino di un personaggio al quale, non potete non esservi affezionati. 

Per leggerle potete andare QUI

L’AUTRICE 
Robin LaFevers è cresciuta circondata da scaffali di vecchi libri polverosi e un gruppetto di fratelli, convinta che il suo destino fosse scrivere narrativa. È autrice di numerosi libri per ragazzi, per i quali è stata insignita di diversi premi. Attualmente vive con il marito e un gatto nel Sud della California e trascorre le sue giornate alla ricerca di manufatti antichi e testi dimenticati.
Sito autrice sulle serie per bambini QUI 
Sito della serie QUI 

Arriva l'ultimo volume della trilogia erotica Rizzoli: "Io ti voglio" Di Irene Cao

$
0
0
Cari lettori e lettrici,
Il terzo volume della trilogia di Irene Caoè nelle librerie. Volete sapere cosa è accaduto a Elena e quali sono le scelte che la protagonista ha dovuto fare? In questo volume lo scoprirete… ma procedete con cautela, poiché vi sono alcune anticipazioni che non tutti potrebbero gradire.

Autore: Irene Cao
Titolo: Io ti voglio
Editore: Rizzoli
Genere: narrativa Erotica
Pagine: 300
Prezzo: € 14,90 
Data pubblicazione: 10 luglio 2013
Trama: Vivere senza amore, libera da legami e dagli effetti collaterali del sentimento: è questo il nuovo mantra di Elena, che è un'altra persona da quando ha rinunciato alla passione assoluta per Leonardo e alla sicurezza della storia con Filippo. Esce tutte le sere e passa ogni notte con un uomo diverso, ma è un modo come tanti per riempire un'assenza che brucia e non si lascia dimenticare, perché nemmeno nel sesso Elena sa più trovare quel piacere che Leonardo le aveva insegnato a reclamare come un diritto. A Roma solo Paola, la collega un po' burbera che l'ha accolta in casa, e Martino, un timido studente di storia dell'arte che per lei ha un debole neanche troppo nascosto, si ricordano com'era prima di perdersi completamente. Ma due anime che si appartengono non sono destinate a restare lontane. E così, anche se a far incrociare di nuovo le loro strade è un incidente che costringe Elena in un letto d'ospedale, Leonardo ritorna senza chiedere il permesso nella vita dell'unica donna che gli abbia mai fatto perdere il controllo. Vuole salvarla da se stessa, essere finalmente suo e per questo ha deciso di portarla con sé a Stromboli, l'isola dove è nato. Curerà le sue ferite, quelle del corpo e quelle del cuore, con il fuoco della passione, perché ora è certo di non poter più fare a meno di lei. Quello che ancora non sa è che il suo passato, troppo a lungo nascosto, sta per rompere gli argini. E in quel momento solo l'amore puro e incondizionato di Elena potrà salvarlo... 


RECENSIONE
(spoiler)
Elena è stravolta. Sesso occasionale, alcool, rapporti familiari e amicali ridotti al lumicino. L’addio di Leonardo e la rottura con Filippo hanno trasformato la ragazza determinata e forte protagonista del secondo volume in un relitto dotato di un auto compatimento fuori scala. Anche il lavoro ne risente. Elena è l’ombra di se stessa, ma non riesce a trovare il modo di rialzarsi, o forse non vuole. Nemmeno il matrimonio di Gaia, a Venezia, riesce a tirarla fuori dal buco nero in cui è precipitata con tutte le scarpe. Rifiuta l’aiuto dei genitori, tratta male anche le sue amiche. L’unica persona che pare far breccia nel suo malessere è Martino, il timido universitario studioso di Giorgione conosciuto a Roma. Elena e Martino si rivedono a Venezia e lì i due hanno una notte di passione.

Elena, dopo tanto sesso occasionale e deludente, rimane colpita dalla dolcezza e dalla timidezza del ragazzo, ed è così a suo agio che si addormenta, rischiando di mandare all’aria o quasi il matrimonio dell'amica, di cui è testimone. Purtroppo, quello non è l’unico momento di tensione con Gaia. Al momento del brindisi Elena ha una battuta poco felice e le due hanno una discussione accesa, tanto da lasciar pensare che la loro amicizia sia finita.

Tornata a Roma, la donna cerca di riprendere in mano la vita, ma con scarsa volontà. Sarà l’incontro con Lucrezia, la moglie di Leonardo, a riportarla, sia pure in maniera paradossale, alla vita. Per sfuggirle, Elena ha un incidente: nulla di grave, ma a quel punto Leonardo torna nella sua vita però deciso a restare... 

Irene Cao ha scritto un romanzo dalle tinte marcatamente sensuali. La scena iniziale è ad alto tasso erotico, e così, molte scene del romanzo. L’Autrice è a suo agio con tali tematiche, le giostra in maniera sapiente e le gestisce con classe. Anche la scrittura è ormai sicura, con una gestione dei tempi narrativi che dimostra l’evoluzione stilistica rispetto al primo romanzo. Elena è un personaggio a tutto tondo. Il suo cammino interiore è verisimile, la sua evoluzione realistica.È un bel personaggio, e in questo terzo volume il focus della narrazione si accentra su di lei, sul suo disperato bisogno di cambiamento e sulla crescita che vive nel momento in cui comprende di esser rimasta sola ad affrontare la relazione con Leonardo.

Leonardo, invece, appare più defilato. Sebbene nella seconda parte del romanzo la sua presenza sia forte sia nei dialoghi che nelle scene sensuali, l’impatto psicologico che ha su Elena è più sfumato, segno che ormai la protagonista vive la loro relazione non più come un momento di evasione o di lotta ma come un necessario completamento personale. L’interazione tra Leonardo e la sua isola d’origine, Stromboli,è marcata attraverso scene di cucina, descrizioni del panorama e della gente dell’isola, strumentale al consolidamento dell’identificazione tra luogo e personaggio. Questo rapporto è gestito attraverso un gioco di richiami e di rimandi, alcuni esplicitamente affidati alle parole di Elena, altri a rappresentazioni, momenti e situazioni evocative.

Ciò che mi ha lasciato un po’ perplessa è stato il finale del libro. La ricomparsa di Lucrezia ha il vago sapore del deus ex machina e anche la decisione che la donna prende nel finale, e che comunica a un’attonita Elena suona un po’ forzata, così come la festa che segna la reunion con tutti i personaggi della trilogia. Si tratta di un testo di women fiction in cui, per forza di cose si paga dazio a elementi iconici dell’happy end di matrice romance. Insomma: una sorta di marcia indietro, quasi che l’Autrice abbia avuto timore di spingere a fondo il conflitto drammatico per dare un finale rassicurante e positivo alle lettrici

In generale sulla trilogia. Un prodotto di qualità superiore alla media, con descrizioni affascinanti e protagonisti ben cesellati. L’Autrice ha sicuramente i numeri per poter scrivere romanzi di livello superiore, che riescano a coniugare erotismo, qualità e approfondimento psicologico. Di certo, questa trilogia erotica è stata una sorpresa piacevole e regalerà ai lettori una storia emozionante e godibile.


L'AUTRICE
Irene Cao è nata a Pordenone nel 1979. Ha studiato Lettere Classiche a Venezia, dove ha conseguito anche un dottorato in Storia Antica. Attualmente vive in un piccolo paese del Friuli. Questo è il terzo e conclusivo romanzo della prima trilogia erotica italiana, che è già in corso di traduzione in Spagna, Germania e Brasile.

Home Video "Zero Dark Thirty" | Recensione

$
0
0
Titolo originale: Zero Dark Thirty
Nazione: USA
Uscita Cinematografica: 7 Febbraio 2013 (Ita) 19 Dicembre 2012 (USA)
Genere: Drammatico
Regia: Kathryn Bigelow
Cast: Jessica Chastain, Chris Pratt, Joel Edgerton, Mark Strong, Kyle Chandler, Scott Adkins
Sceneggiatura: Mark Boal
Produzione: Annapurna Pictures
Distribuzione: Universal Pictures International Italy
Uscita Home Video: 19 giugno 2013
Trama: Per un intero decennio, un team di alto livello lavora in gran segreto per un’operazione di sicurezza militare che si snoda in tutto il mondo con un solo obiettivo: eliminare Osama Bin Laden.


RECENSIONE
Per gli Americani (e di riflesso anche per tutto il mondo) l'uccisione di Osama Bin Laden è stato e sarà uno degli eventi cruciali della storia moderna. A poco più di diciannove mesi dall'evento (2 maggio 2011), la regista Kathryn Bigelow (già premio Oscar con The Hurt Locker) ha voluto trasportare sul grande schermo la decennale operazione che ha reso possibile il buon esito della missione.

Una decisione che da una parte poteva sfruttare la scia emotiva ancora fresca nel cuore degli americani, ma dall'altro implicava molti problemi sia dal punto di vista critico (difficile poter analizzare obiettivamente un fatto storico così recente) che di quello realizzativo. La caccia a Bin Laden non è stata una roboante azione militare, ma una lunga missione di intelligence basata su interrogatori, intercettazioni e informazioni frammentarie.

Il risultato è stato Zero Dark Thirty, una pellicola che unisce spionaggio e azione in un mix coinvolgente. La Bigelow e lo sceneggiatore, Mark Boal (di nuovo insieme dopo la collaborazione per The Hurt Locker), prendono le distanze da ogni tipo di giudizio e si limitano a mostrare i fatti per come sono stati documentati: dalle torture, ai giochi politici, fino ad arrivare all'ultima decisiva missione, dove il sollievo per la morte di un nemico si mescola al rammarico per tutte le vite spezzate durante la caccia.

La protagonista Maya, interpretata dalla bravissima Jessica Chastain, funge da filo conduttore per le varie parti del film e il suo sviluppo verticale (da novellina alla prima missione sul campo, a veterana fredda, determinata e ossessionata dall'obiettivo) simboleggia perfettamente il logoramento che gli Stati Uniti come governo, e gli americani come popolo, hanno subìto a seguito dell'11 settembre. Significativo il pianto con cui si chiude il film, che può essere interpretato dallo spettatore in mille modi diversi a seconda della sua opinione personale su tutta la faccenda. È un pianto di sollievo? Oppure di spiacere? Indica il disorientamento per la fine di un’epoca? Oppure il dolore per le crudeltà perpetrate da entrambi gli schieramenti? Sta a voi deciderlo.

A partire dal 19 giugno, Zero Dark Thirtyè disponibile per tutti gli spettatori in un'edizione home video curata e distribuita da Universal Pictures. Noi di Diario di Pensieri Persi abbiamo avuto il piacere di vedere la versione Blu-ray. Il prodotto è concentrato sul film, presentato in una veste video di altissima qualità con un audio disponibile in DTS Digital Surround 5.1 per la lingua italiana e in DTS-HD Master Audio 5.1 per quella originale. Gli extra sono pochi e contenuti in esclusiva dalla versione Blu-ray: un totale di circa venticinque minuti divisi in quattro documentari che raccontano brevemente il making of del film, la ricostruzione della casa dove è stato ucciso Bin Laden, l'addestramento militare che hanno dovuto sostenere gli attori e il lavoro della protagonista, Jessica Chastain, premiato con una nomination agli Oscar nella categoria Miglior Attrice Protagonista.

Un prodotto di ottima fattura per un film dalla grande rilevanza storica.


INFORMAZIONI TECNICHE

DVD
Contenuti audio: Italiano, Inglese, Francese Dolby Surround 5.1;
Sottotitoli: Inglese n/u, Italiano, Francese

BLU-RAY
Contenuti audio: Inglese DTS-HD MASTER AUDIO 5.1; Italiano, Tedesco, Francese DTS DIGITAL SURROUND 5.1
Sottotitoli: Inglese, Italiano, Francese, Tedesco, Spagnolo, Danese, Finlandese, Islandese, Norvegese, Svedese
Contenuti Extra: Una Grande Impresa; Il Complesso; L’Addestramento; Obiettivo: Jessica Chastain

Recensione "L'ombra del silenzio" di Kate Morton

$
0
0
"Probabilmente non c'è autrice più dotata di Kate Morton: nessuno come lei sa raccontare storie e misteri di famiglia, intrecciando le vite di oggi con quelle del passato, in perfetto stile neogotico."
USA Today

Autore: Kate Morton
Titolo: L'ombra del silenzio
Titolo originale: The secret keeper
Traduzione di Alessandra Emma Giagheddu
Casa editrice: Sperling & Kupfer
Pagine: 552
Prezzo: € 19,90
Data pubblicazione: 30 aprile 2013
Trama: 1961. È una splendida giornata d'estate e la famiglia della sedicenne Laurel è in partenza per un picnic sulle rive del fiume che scorre vicino alla sua fattoria, nel Suffolk. Mentre tutti sono indaffarati nei preparativi, la ragazza si rifugia nella casa sull'albero della sua infanzia, e inizia a sognare. Sogna di Billy, il ragazzo che le fa battere il cuore, e di trasferirsi a Londra, dove è sicura che la aspetti un futuro straordinario. Ma prima che il sole tramonti su quel pomeriggio idilliaco, Laurel assiste, non vista, a un crimine terribile. Un segreto che custodirà per anni e anni.
2011. Come aveva spesso fantasticato, Laurel è diventata un'attrice famosa e amatissima. Nemmeno il successo, però, ha potuto dissipare le ombre lunghe di quel passato lontano. Ossessionata dagli oscuri ricordi di ciò che accadde cinquant'anni prima, Laurel ritorna alla casa nel Suffolk per ricomporre i frammenti di una storia rimasta sepolta troppo tempo. La storia di un uomo e due donne, cominciata per caso nella Londra semidistrutta dalle bombe della Seconda guerra mondiale. Una storia di passioni fatali che segnerà tragicamente i destini di quei tre giovani tanto diversi eppure uniti da un indicibile mistero. Quello che solo Laurel, testimone innocente di un delitto nell'estate della sua adolescenza, è in grado di svelare.
L'ombra del silenzioè una grande saga famigliare ricca di segreti e costellata di gelosie e tradimenti dalle conseguenze tragiche quanto imprevedibili.
Un romanzo travolgente, pieno di rivelazioni e svolte inattese, che incalzano il lettore fino all'ultima parola.


RECENSIONE
Che Kate Morton sia una scrittrice che sa come dosare le parole, le informazioni per tenere avvinto il lettore, è indubbio. Che sappia come intrecciare le vite dei personaggi in modo da non lasciare intravedere gli indizi che portano alla soluzione finale del mistero che ci ha tenuti legati, e quasi tormentati come un tarlo per oltre cinquecento pagine, è sacrosanto.

Ne L'ombra del silenzio il mistero è onnipresente e, sebbene sembri che abbiamo a disposizione più indizi di Laurel, una delle protagoniste – colei che sente di dover svelare l'enigma – proviamo una sorta di sentimento contrastante, una contraddizione che la Morton ci offre fin dalle prime pagine e che ci fa dubitare di alcuni 'fatti' che ci vengono presentati nell'arco del libro. Come ha detto la stessa Morton in un'intervista su Goodreads che abbiamo tradotto per voi nell'anteprima di questo libro, “la verità è ben celata davanti ai nostri occhi”.

Le protagoniste di questo romanzo sono tre. Dorothy/Dolly Smitham è un'intraprendente ragazza di Coventry, innamorata di un giovane fotografo, Jimmy, che non appartiene alla sua classe sociale. Per lui e per liberarsi dall'oppressiva vita di provincia (il padre vorrebbe che la ragazza prendesse il suo posto di contabile nella fabbrica di biciclette per cui lavora), Dorothy si ritrova a Londra durante gli anni della Battaglia d'Inghilterra.

Vivien Longmeyer ha qualche anno più di Dorothy ed è sposata con uno scrittore famoso, Henry Jenkins. Vivien è cresciuta in Inghilterra, ma proviene dall'Australia, dove un brutto incidente stradale ha spazzato via il resto della sua famiglia quando la ragazzina aveva solo otto anni. Nel 1941 Vivien vive a Londra al numero 25 di Campden Grove, nella casa di fronte a quella di Lady Gwendolyn, la ricca signora presso cui Dolly lavora come cameriera/dama di compagnia.

Infine Laurel Nicolls, un'attrice caratterista affermata, figlia di Dorothy, che cerca una spiegazione a un terribile evento del passato che l'ha segnata quando aveva sedici anni. Laurel, infatti, nel 1961, ha visto la madre uccidere un uomo e, sebbene abbia dichiarato alla polizia che l'uomo aveva minacciato la madre e che si è trattato di legittima difesa, sa che Dolly e quell'uomo si conoscevano, li ha visti mentre parlavano, anche se non ha sentito cosa si dicessero. E, nel 2011, mentre Dolly è sul letto di morte, Laurel decide di scoprire cosa sia successo in realtà.

Tre sono anche i piani temporali del romanzo: il pomeriggio d'estate del 1961, il fulcro attorno al quale ruotano tutti gli eventi, presenti e passati, della storia; il 2011, con Laurel adulta, o meglio, di mezza età, che sembra aver superato quel tragico pomeriggio, ma ne è ancora profondamente segnata e il 1941 a Londra, durante la battaglia d'Inghilterra, con una breve digressione al 1938 per presentarci la Dolly che è andata via da Coventry per ritrovarsi poi quasi allo sbando in tempo di guerra.

E nel passaggio da un capitolo all'altro, da un periodo all'altro, i conti non tornano. Per nulla. L'incontro fra Vivien e Dolly nel 1941, che segnerà l'inizio di una nuova vita, di una seconda possibilità per Dolly, stride con tutto quello che leggeremo in seguito sul rapporto fra le due donne, lasciandoci con un dubbio che ci accompagnerà fino alla fine del libro. La Dolly del 1941 sembra completamente diversa dalla Dolly affettuosa, la madre che ha cresciuto Laurel e i suoi fratelli Rose, Iris, Daphne e Gerry; e sembra impossibile che quella stessa donna abbia ucciso un uomo a sangue freddo. Quell'uomo era Henry Jenkins, il marito di Vivien, ma per tutto l'arco del libro non si capisce quale possa essere il rapporto che intercorre fra loro due.

Un mistero che è chiaro davanti ai nostri occhi, ma che la Morton riesce a mantenere celato fino all'ultimo, grazie alle sue enormi capacità narrative. Già l'incipit di questo romanzo ci fa vedere come la Morton muova i fili:
Una fattoria persa nella campagna inglese, un giorno d’estate dei primi anni Sessanta. Una casa come tante, in legno e muratura, con l’intonaco che comincia a scrostarsi e la clematide che si arrampica sui muri. Dai comignoli esce un filo di fumo, ed è facile immaginarsi del buon cibo che cuoce sulla stufa; sarà per l’orto dietro la casa, o per lo splendido scintillio delle finestre con i vetri colorati, o per le tegole perfettamente allineate sul tetto. 
Un semplice steccato e un cancello separano il giardino dai prati e dal bosco. Più in là, fra gli alberi, un torrente serpeggia rapido sui ciottoli, scorre allegro da secoli fra ombra e luce. La casa sorge isolata in fondo a un viale lungo e polveroso, e dalla strada non la si vede. 
A parte qualche sporadico colpo di vento, tutto è immobile, tutto è silenzioso. Appoggiati al tronco del glicine ci sono un paio di hula–hoop bianchi, la mania dell’anno precedente. Dal contenitore delle mollette, suo osservatorio privilegiato, un orsacchiotto con l’occhio bendato e un’aria di dignitosa tolleranza monta la guardia a un cesto verde colmo di biancheria. Una carriola piena di vasi attende paziente dentro il capanno degli attrezzi. 
Tutto è immobile, eppure, forse proprio per questo, l’intera scena è pervasa da una densa atmosfera di attesa, come a teatro un istante prima che gli attori entrino in scena, quando tutte le possibilità sono aperte e il destino non è ancora stato fissato dalle circostanze. 
«Laurel!» grida a un tratto la voce impaziente di una bambina. «Laurel! Dove sei?» 
In un attimo l’incanto è rotto. Le luci della sala si abbassano, il sipario si alza. 
Delle galline sbucate dal nulla iniziano a becchettare fra le pietre di un viottolo, una ghiandaia allunga la sua ombra sul giardino, nel prato vicino un trattore prende vita. 
E sopra tutto questo, sdraiata sulle assi di una casetta nascosta fra i rami di un albero, una ragazzina di sedici anni sospira succhiando una caramella.
Sembra di vedere il fermo-immagine di un film, poi a un gesto o a una parola del regista – Kate Morton – tutto prende vita e noi riusciamo a immaginare la scena che lei vuole farci vedere, esattamente come lei vuole, nulla di più, nulla di meno. Ed è proprio per questo che non riusciamo a cogliere nessuno degli indizi che ci occorrono per svelare il mistero: la regista non vuole che li vediamo e noi non lo facciamo.

Splendida la ricostruzione storica della battaglia d'Inghilterra, l'aria d'incertezza della guerra, del non sapere se ci sarà un domani, non poter prevedere se la bomba successiva che cadrà avrà il tuo nome scritto sopra o distruggerà la tua casa, per cui ti ritroverai senza un tetto. Un'aria che porterà i giovani a essere irrequieti, a voler vivere intensamente le proprie vite, perché l'indomani potrebbero essere finite.

Scritto in terza persona e suddiviso in quattro parti (Laurel, Dolly, Vivien e Dorothy), L'ombra del silenzioè un romanzo che, come tutte le storie di Kate Morton, sfugge a una classificazione: è un romanzo storico, ma è anche un mystery; tocca la delicata sfera dei legami e delle dinamiche famigliari, ha numerose sfumature psicologiche che quasi sfiorano il patologico e parla di violenza domestica. Si può parlare solo di narrativa di elevatissimo livello. Un'altra prova magistrale per questa scrittrice dall'indubbio talento.

L'AUTRICE
Cresciuta nelle montagne del Queensland, in Australia, Kate Morton si è laureata in Arti Drammatiche e Letteratura Inglese con una tesi sulla tragedia nella letteratura vittoriana. Si è a lungo dedicata al tema del gotico nel romanzo contemporaneo. I suoi romanzi – tutti ai vertici delle classifiche internazionali – sono pubblicati in trentotto Paesi e hanno venduto sette milioni e mezzo di copie. Ritorno a Riverton Manorè stato al primo posto nelle classifiche inglesi e americane di vendita ed ha vinto il premio General Fiction Book of the Year per l’Australian Book Award nel 2007. Nel 2008 ha pubblicato The forgotten garden (Il giardino dei segreti, Sperling & Kupfer 2010) e nel 2010 The Distant Hours (Una lontana follia, Sperling & Kupfer 2011). L'ombra del silenzioè il suo quarto romanzo. Kate Morton vive col marito e due figli a Brisbane. Sito Autrice 

Recensione "Natura morta in riva al mare" di Jean-Luc Bannalec

$
0
0
Autore: Jan-Luc Bannalec
Titolo: Natura morta in riva al mare
Titolo originale: Bretonische Verhältnisse. Ein Fall für Kommissar Dupin
Traduzione di: Giulia Cervo
Casa Editrice: Piemme
Collana: Narrativa
Pagine: 308
Prezzo: € 16,90
Prezzo ebook:€ 9,99
Data di uscita: 4 giugno 2013

Trama: C’è una cosa che il commissario Dupin detesta più di ogni altra: essere disturbato mentre beve il caffè. Da qualche tempo – cioè da quando è stato trasferito dalla capitale in Bretagna, in seguito a “certe controversie” – associa quel rito mattutino alla lettura dei quotidiani locali: fonti preziose per studiare l’animo bretone e i costumi insoliti di quella gente ai confini del mondo (e della civiltà, per i suoi standard di parigino fino al midollo).Ma è proprio mentre si gode una generosa dose di caffeina che il più zelante dei suoi ispettori lo disturba per comunicargli una notizia che ha dell’inaudito: un omicidio a Pont-Aven, il pittoresco borgo di pescatori che sta per riempirsi di villeggianti in quell’estate insolitamente calda. E la vittima è nientemeno che Pierre-Louis Pennec, novantunenne proprietario del mitico Hotel Central, segnalato su tutte le guide come luogo di soggiorno di celebri artisti, tra cui Paul Gauguin. Il commissario Dupin dovrà districarsi tra le pressioni delle autorità locali, che temono di veder compromessa la stagione turistica, e l’ostinato silenzio degli autoctoni, seguendo una pista che sembra condurre proprio a una tela del famoso pittore.



RECENSIONE
Un giallo classico questo di Jean-Luc Bannalec, misterioso pseudonimo di colui che voci di corridoio azzardano essere un famoso editore tedesco, Jörg Bong. È un libro che si fa leggere e appassiona anche, ma risulta un po' particolare. La narrazione segue il protagonista, il commissario Dupin, come se una telecamera fosse nascosta a mo' di terzo occhio sulla sua fronte; impariamo a conoscere i suoi gusti, il modo in cui un parigino si adatta a vivere nel profondo nord della Francia, quello che ama e quello che odia, come ragiona, come procede per investigare, e lo facciamo tampinandolo in giro ora dopo ora. Un altro po' e ne vediamo anche i sogni e i bioritmi interni. Questo non vuol dire che alla fine lo conosciamo bene, in fondo: è un tipo elusivo, tanti dati della sua personalità e della sua vita li scopriamo molto avanti nella narrazione. E in fondo questo non dispiace, forse è l'elemento che potrebbe spingere a leggere la sua prossima avventura.

Dicevamo un giallo classico e infatti, come è stato autorevolmente detto dalla nostra Elena Bigoni “Il giallo ha un'impostazione per lo più deduttiva: l'importante sono gli indizi, gli alibi e i personaggi con le loro storie. Con il noir l'attenzione si sposta sulla psicologia dei personaggi, sulle motivazioni, sull'etica e la morale, sui luoghi dove si sviluppano le storie, si scava nel profondo, una delle note interessanti è che in questo caso i luoghi non sono solo uno sfondo, ma parte integrante e protagonista della storia. Poi, di deriva, arriva il thriller con i suoi sottogeneri dove l'elemento fondante è la suspense, l'adrenalina e l'eroe della situazione deve trovare l'assassino prima che colpisca ancora”.

Se questi si possono considerare i dati di partenza che distinguono grosso modo i generi, questo romanzo, pienamente nella prima categoria, ha come fine quello di far quadrare gli indizi, di trovare, nel flusso abbondante di dati che affluiscono all'attenzione del commissario Dupin, quel particolare che indirizzi i sospetti nella direzione giusta. Non c'è dunque psicologia degli altri personaggi se non accennata, che non sia quella registrata dall'intelligenza e dalla sensibilità del protagonista: dati scarni, come correnti superficiali che non rivelano il movimento profondo delle acque. Suspense, adrenalina sono pressoché nulli. Gli omicidi ci sono, ma non c'è nessun senso di minaccia. Possiamo solo immedesimarci con l'urgenza di Dupin di venire a capo del puzzle, ci possiamo calare insieme a lui nella mentalità di questi particolari francesi che risultano essere i Bretoni.

E veniamo così alla nota dominante del romanzo: la Bretagna. Sperando che Manzoni non si rivolti nella tomba, potremmo affermare che, come I promessi sposi avevano come protagonista il Seicento, così Natura morta in riva al mare riesce a stento a contenere l'apoteosi di questa terra che, lei sì, è ritratta in tutte le sue mille sfumature di colore e di sapore. Si potrebbe pensare che l'autore sia sponsorizzato dalla pro loco di Pont-Haven, oppure anche il contrario. Il commissario Dupin vaga in lungo e in largo in questa – a questo punto ne siamo assolutamente sicuri – bellissima cittadina, e quasi sempre a piedi: è peggio (o meglio) di Google Map. Gli hotel, i bar, con le rispettive ricette amatissime da turisti o/e autoctoni, i sentieri che portano al fiume, con la natura illuminata da quella luce particolare adorata da Paul Gauguin e dagli altri artisti della scuola di Pont-Haven (appunto); la scogliera e la costa, ultimo baluardo prima dell'Atlantico senza fine.

E poi i Bretoni, con i loro proverbi, le loro fisse, il loro carattere particolare, guardati dagli occhi di un parigino che si è trasferito lì da tre anni circa e che è fondamentalmente innamorato di questo luogo. La vittima, il colpevole e tutti i comprimari di questa sobria e lenta tragedia vogliono documentare la vita e le abitudini di questo angolo speciale del mondo. Chiunque si nasconda dietro lo pseudonimo di Jean-Luc Bannalec decisamente sa scrivere e non si preoccupa di aderire a ritmi accelerati di tipo americano che proprio non gli sono congeniali.

Alla fine che sappiamo di Dupin? Poco. La copertina è fuorviante, perché l'impermeabile e il cappello sono solo metaforici e buoni a collegare il nostro a Derrick, a Colombo e a tutti i poliziotti che, su carta e su pellicola, metodicamente si sono applicati a sbrogliare le matasse più intricate: Dupin indossa jeans e maglietta, questo solo en passant possiamo ricavare per potercelo immaginare, né corporatura, né descrizione del viso, nulla. Ma il mare, la forza della marea, la trasparenza dell'aria, la variabilità del clima, quelli il nostro sensore sulla fronte del commissario li ha registrati perfettamente. I poliziotti che collaborano con lui sono solo sagome in controluce, la sua segretaria factotum? Una voce al telefono. Qualche altra notazione: un blando interesse per il genere femminile, che si può intuire accorato, come un fuoco sotto la cenere che si può solo immaginare, che si traduce eventualmente in una lieve promessa per il prossimo episodio; nel frattempo possiamo seguire il commissario Dupin mentre cena col nostro di necessità paziente personaggio femminile in un locale tipico, così leggiadramente descritto che, chiuso il libro, vien voglia di fare già una prenotazione per la nostra prossima vacanza in Bretagna.

È sufficiente tutto questo per fare di Natura morta in riva al mare un buon romanzo? Dipende soltanto da che tipo di lettore siete. Se poi non sapete ancora dove andare in vacanza quest'estate, allora è ottimo!

L'AUTORE
Jean-Luc Bannalec è un nom de plume. L’autore vive tra la Germania e il Finistère meridionale. Fin qui la biografia che la casa editrice o l'autore concedono di conoscere. Ma si vocifera che Jean-Luc Bannalec sia in realtà Jörg Bong, da notare le stesse iniziali, nato nel 1966 a Bonn/Bad Godesberg, un editore tedesco, critico letterario, docente e traduttore. Dal 2002 è Manager della S. Fischer Verlag, nel cui gruppo di case editrici figura Penguin Books. Un accenno, nel romanzo, ai pinguini suona come un ammiccante … Easter egg sulla sua vera identità.

Recensione "Il segreto della libreria sempre aperta" di Robin Sloane

$
0
0
Autore: Robin Sloane
Titolo: Il segreto della libreria sempre aperta
Titolo Originale: Mr. Penumbra's 24-Hour Bookstore
Traduzione: Giovanni Arduino
Casa Editrice: Corbaccio
Collana: Narratori Corbaccio
Pagine: 304
Prezzo:€ 16,40
Data pubblicazione: 23 maggio 2013
Trama: La crisi ha centrifugato Clay Jannon fuori dalla sua vita di rampante web designer di San Francisco, e la sua innata curiosità, la sua abilità ad arrampicarsi come una scimmia su per le scale, nonché una fortuita coincidenza l'hanno fatto atterrare sulla soglia di una strana libreria, dove viene immediatamente assunto per il turno... di notte. Ma dopo pochi giorni di lavoro, Clay si rende conto che la libreria è assai più bizzarra di quanto non gli fosse sembrato all'inizio. I clienti sono pochi, ma tornano in continuazione e soprattutto non comprano mai nulla: si limitano a consultare e prendere in prestito antichi volumi collocati su scaffali quasi irraggiungibili. È evidente che il negozio è solo una copertura per qualche attività misteriosa... Clay si butta a capofitto nell'analisi degli strani comportamenti degli avventori e coinvolge in questa ricerca tutti i suoi amici più o meno nerd, più o meno di successo, fra cui una bellissima ragazza, geniaccio di Google... E quando alla fine si decide a confidarsi con il proprietario della libreria, il signor Penumbra, scoprirà che il mistero va ben oltre i confini angusti del negozio in cui lavora... Fra codici misteriosi, società segrete, pergamene antiche e motori di ricerca, Robin Sloan ha cesellato un romanzo d'amore e d'avventura sui libri che lancia una sfida alla nostra curiosità, al nostro desiderio di un'esperienza nuova ed elettrizzante. Un viaggio in quell'universo magico che è una libreria.

RECENSIONE
Inizio questa recensione con una precisazione: nonostante il titolo e la copertina dell'edizione italiana, Il segreto della libreria sempre aperta non è un romanzo in stile Dan Brown o Glenn Cooper. Le apparenze potrebbero ingannare, quindi meglio chiarire subito questo aspetto. Se vi aspettate l'ennesima cospirazione massonica che vuole distruggere il mondo… beh, rimarrete molto delusi. Il romanzo di Robin Sloan è molto più che uno pseudo thriller fanta-storico. Il segreto della libreria sempre apertaè un concentrato di attualità, bibliofilia, tecno-modernità e sociologia. Ma procediamo per gradi.

La storia principale del romanzo parla di un trentenne disoccupato che si imbatte casualmente in una setta secolare che cerca il segreto della vita eterna. Un incipit che ammicca ironicamente ai maggiori successi editoriali degli ultimi anni (mancano solo le 50 sfumature di…), ma che si discosta subito dal sentiero battuto per inerpicarsi su vette di originalità brillante e divertente.

La narrazione è in prima persona dal punto di vista di Clay Jannon, un protagonista credibile e simpatico, che affronta con estrema ironia le vicende descritte nel romanzo. I veri protagonisti de Il segreto della libreria sempre aperta sono, tuttavia, i libri, vittime dello scontro epocale tra editoria tradizionale ed editoria digitale. La battaglia tra l'ottuso tradizionalismo e la modernità è di fatto il tema centrale del romanzo, sviluppato in merito al mondo editoriale ma esteso anche al confronto generazionale tra i lettori pre e post e-book.

Attraverso uno stile intelligente e coinvolgente, Robin Sloane trascina il lettore in un'avventura spassosa, costringendolo a guardare il presente e immaginare il futuro. Il segreto della libreria sempre apertaè una ventata d'aria fresca in un panorama letterario asfissiante e asfissiato. Un libro sui lettori e per i lettori, che si candida a essere uno dei migliori romanzi del 2013. Da leggere.

L'AUTORE
Robin Sloan, ex manager di Twitter, ha trentadue anni e vive a San Francisco. Fan sfegatato delle nuove tecnologie, si trova altrettanto a suo agio nel prestigioso Grolier Club di Manhattan, cenacolo di esperti di libri antichi e rari, drogati di inchiostro e carta. E lo si nota dal suo romanzo d’esordio Il segreto della libreria sempre aperta, una storia stile Borges in chiave tecnologica, che è subito entrato nella classifica del New York Times ed è stato venduto in tutto il mondo.

Recensione “Il dono del buio” di V.M. Giambanco

$
0
0
Cari lettori,
oggi vi presento un thriller edito dalla casa editrice Nord e uscito il 30 maggio scorso. Un libro intrigante e avvincente che sta riscuotendo un gran successo non solo in Italia ma anche all’estero e che saprà soddisfare anche i palati più raffinati.

Autore: V.M. Giambanco
Titolo: Il dono del buio
Casa editrice: Nord
Genere: Thriller
Pagine: 476
Prezzo:  18,60
Data di pubblicazione: 30 maggio 2013
Trama: Il piccolo John Cameron non sente né la fame né il freddo e nemmeno si accorge di avere le braccia coperte di sangue. John sa soltanto che deve attraversare il bosco, nel buio. Solo così potrà chiedere aiuto per il suo amico James Sinclair. Solo così potrà salvare quello che rimane della sua innocenza… Seattle, oggi. Gli occhi bendati, le mani legate e una croce sulla fronte marcata col sangue: è in questa macabra posa che il detective Alice Madison trova i cadaveri di James Sinclair e della sua famiglia, trucidati nella loro casa. Dalle prove rinvenute, sembra che il colpevole sia John Cameron, un criminale sospettato di numerosi altri delitti. Ma per Madison i conti non tornano: perché John Cameron avrebbe ucciso il suo amico d’infanzia? Perché odiare proprio la persona con cui ha condiviso un’esperienza devastante? C’è qualcosa di oscuro dietro quegli omicidi, qualcosa che affonda le radici nel buio di una notte di venticinque anni prima, quando la polizia salvò i due ragazzini, non però riuscire ad arrestare i rapitori. E, per scoprire la verità, Madison dovrà entrare in sintonia con l’assassino, e accettare che, quando si volge lo sguardo verso un abisso di tenebra, anche la tenebra guarda dentro di noi.


RECENSIONE
La scrittrice italiana V.M. Giambanco stupisce con un thriller di stampo fortemente anglofono perfettamente costruito e soprattutto con un trittico di personaggi che conquistano pagina dopo pagina.

Alice Madison, affascina da subito il lettore, non tanto per il suo ruolo di eclettico e straordinario detective della omicidi di Seattle, piuttosto per la sua personalità in quanto dotata di un ottimo e ineffabile sesto senso. Ricalca per molti versi il classico poliziotto dedito completamente al lavoro, una vita privata praticamente inesistente e un passato travagliato. Ma ciò che colpisce, è il modo con cui la giovane si pone di fronte al suo lavoro e all’indagine. Alice è una novellina nella sezione omicidi, arrivata al distretto da sole 5 settimane. È stata affiancata al sergente Brown, un tipo taciturno con numerose indagini alle spalle e molta esperienza, dal quale la giovane cerca di imparare il più possibile. Nella prima parte della narrazione è interessante notare come il sergente Brown faccia da mentore alla detective, spingendola ad osservare, capire e imparare dal caso a cui stanno lavorando. Nella seconda parte invece avremo l’altra evoluzione di Alice che si troverà sempre più spesso a dover fare scelte importanti, a volte estreme, scoprendo ben presto che per raggiungere il proprio obiettivo e trovare l’assassino, dovrà venire a patti con la propria coscienza ma soprattutto con ambiguità del bene e del male.

Durante l’indagine la protagonista dovrà letteralmente scegliere da che parte stare. Il caso a lei assegnato sembra chiuso sin dalle prime battute ma un tarlo, un’intuizione, semplici congetture senza prove concrete la spingono a credere che il colpevole non sia l’indiziato numero uno.  Tutto sembra condurre a John Cameron, spesso associato in passato ad altri delitti eppure questa volta Alice sente che non è lui il colpevole. Questa intuizione la spingerà a confrontarsi con la sua lealtà nei confronti della polizia ma soprattutto a chiedersi come agire nei confronti di un uomo, colpevole di aver ucciso diverse persone. Ma non quelle per cui indaga. Tutte queste domande, le conseguenze alle sue scelte e la ricerca dell’assassino saranno il filo conduttore dell’intera narrazione.

Il dono del buioè una storia che parte decisamente in sordina per poi diventare più adrenalinica e coinvolgente in un secondo momento. L’autrice decide, nella prima parte del romanzo, di mettere tutte le pedine in gioco: dispone sulla scacchiera tutti i pezzi senza nasconderne nessuno  grazie anche all’utilizzo del flash back  permettendo al lettore di farsi un quadro della situazione. Nella seconda parte invece si comincia a giocare veramente e il lettore diventa parte integrante di quel gioco, camminando a fianco della protagonista o più spesso anticipandola di una paio di passi, ansioso poi di scoprire come le intuizioni e gli indizi lasciati dall'autrice verranno recepiti e gestiti dai protagonisti della storia.

In quest'ottica, diventa azzeccata la scelta di dare spazio all’indagato numero uno John Cameron e l’avvocato Nathan Quinn amico della famiglia brutalmente trucidata. Alice Madison si troverà necessariamente ad indagare su di loro ma allo stesso tempo a collaborarci per catturare l’assassino. Due co-protagonisti affascinanti e intriganti, profondamente diversi e con un'ottica della morale, dell'etica e della giustizia spesso all’opposto. Personaggio di cui Alice non potrà fidarsi ma, come dice il detto a volte “si fa necessità e virtù”. Sono proprio le interazioni fra loro l’elemento più affascinante del romanzo e i rapporti che si instaurano aleggiano anche al termine della lettura spingendo il lettore a desiderare una nuova storia in cui ritrovare ognuno di questi personaggi.

In questa prospettiva risulta vincente lo stile ricco e articolato dell’autrice e interessante, seppur disorientante, la scelta di usare il tempo presente in una narrazione sviluppata nel passato per rimarcare alcuni momenti delle storia e la presentazione estemporanea di alcuni personaggi che escono in questo modo dalle pagine coinvolgendo maggiormente il lettore nella storia.

Un romanzo intrigante che vi saprà conquistare passo per passo, che non vi deluderà alla sua conclusione anzi, vi farà desiderare la lettura di una nuova storia che, ci auguriamo sia già nei progetti dell’autrice.

L’AUTRICE
V.M. Giambanco. Nata a Roma, cresciuta a Firenze e Milano, si è trasferita giovanissima a Londra dove si è laureata in inglese e teatro. Dopo avere lavorato per molti anni come assistente al montaggio in grandi film come Quattro matrimoni e un funerale, Donnie Brasco, Segreti e bugie, Il caso Winslow , V. M. ha deciso di dedicarsi alla scrittura. Sito Autrice

Recensione "Le molecole affettuose del lecca lecca" di Francesco Consiglio

$
0
0
Cari lettori,
in occasione della manifestazione palermitana “Una marina di libri”, ho avuto modo di conoscere una giovane e interessante casa editrice napoletana, Ad est dell’equatore. Grazie al loro suggerimento, mi sono lasciata tentare da un romanzo piccolo ma davvero particolare. Mai suggerimento fu più gradito...


Autore: Francesco Consiglio
Titolo: Le molecole affettuose del lecca lecca
Editore: Ad est dell'equatore
Pagine: 205
Prezzo: € 12,00
Trama: Storia di Ciccio Pesce e dei suoi quattordici, quindici e sedici anni, un tempo letterario sufficiente a fare conoscenza con due asfissianti genitori che lo credono afflitto dalla sindrome di Asperger, con le sue quattro ragazze morte, con alcuni poliziotti e carabinieri che gli girano attorno senza che lui riesca a spiegarsene il motivo, con un’amica invisibile che ha occupato la sua testa e non c’è modo di sfrattarla, con uno zio erotomane che ha l’ossessione di battere un record che lo faccia entrare nel Guinness Book of Sexual Records.
 Certe notti succedeva di stare in casa con Spinetta, Spinetta mi ospitava in un buchetto per studenti, diciotto metri quadri, due misere stanzette, un bagno e un cucinino, in piazza Sante Bargellini, chi era Sante Bargellini non mi sono interessato, non mi frega proprio un cazzo di Sante Bargellini, comunque è là che stavo, al sesto piano, e certe notti succedeva che Spinetta si svegliava, Spinetta Marocchino, si svegliava e mi svegliava, era la mia ragazza allora, una studentessa di psicologia con parecchi problemi psicologici, uno su tutti: dormire. Soffriva di un’insonnia, Spinetta Marocchino, un’insonnia stranissima, un’insonnia che forse, non lo so, su qualche libro di medicina, si sarebbe anche trovata, non lo so, io non ne avevo mai sentito parlare. Spinetta dormiva solamente dopo che qualcuno le aveva leccato la fica. Era una cosa imbarazzante, nemmeno divertente, per nulla divertente, e questo l’ho subito capito, la prima volta che l’ho fatto: slinguazzavo, slinguazzavo, e Spinetta ha cominciato a dimenarsi e a darmi pugni sulla testa, era il suo modo di godere, darmi pugni sulla testa e supplicarmi di restare, di continuare a baciarla, di portarla fino all’apice di un folle godimento, e dopo una mezz’ora, mezz’ora scarsa scarsa, lei dormiva, io per nulla, avevo mal di testa, un mal di testa da impazzire, cominciavo a maledirmi, andavo in bagno a impasticcarmi, due Saridon per volta, tre per volta, non serviva, passavo intere notti a compatirmi, giurarmi e rigiurarmi di non farmi più trattare in quel modaccio, pensavo di lasciarla, Spinetta Marocchino, ma poi non lo facevo.

 RECENSIONE
Le molecole affettuose del lecca leccaè un libro astruso e anarchico, con uno stile che è sperimentale e insieme ben studiato. Una vera, gradevolissima sorpresa.  Protagonista di questo volumetto impossibile da classificare in un genere è Ciccio Pesce, al secolo Francesco Pesce, un adolescente affetto dalla sindrome di Asperger, con una famiglia un po’ complessa, uno zio sessuomane e una sfilza di fidanzate e amiche morte in circostante misteriose. Il romanzo, piccolo e molto curato nell’edizione (un plauso all’editore che in tempo di crisi investe in grafica e impaginazione)è un’autentica sorpresa.

Bisogna partire dallo stile di Consiglio per comprendere al meglio l’anima di questo volume. La sua scrittura al vetriolo è animata, convulsa, articolata attraverso frasi brevi e staccate in un unico flusso di pensiero in cui il protagonista esprime e descrive sensazioni ed emozioni. Il turpiloquio è abbondantemente rappresentato, ma non è  ingiustificato in quanto esprime il disagio e la confusione del protagonista e della sua amica immaginaria, Miou, una sorta di coscienza negativa che ha tutti i connotati di una personalità alternativa. Insomma: Ciccio appare più uno schizofrenico fissato con il sesso e con un flusso di pensiero logorroico che un adolescente inquieto.

Ma di questo vulcanico mondo interiore, in realtà, all’esterno trapela ben poco. Ciccio appare chiuso e taciturno, anche un po’ inquietante ed è un tipo che salta subito all’occhio a Ribera. È in cura presso una clinica psichiatrica dove un medico lo tratta da sano pur sapendo che il ragazzo è disturbato; ha una fidanzata che non vuol far sesso con lui perché cambierebbe il loro rapporto (e no, che Ciccio non è il primo…) e due genitori ansiosi, il padre meccanico e la madre casalinga. Quando Silvia, la prima fidanzatina viene trovata morta, e i sospetti si addensano su Ciccio, la famiglia decide di mandarlo dallo zio Lillo, un vecchio erotomane con la fissa del Guinness dei rapporti sessuali. Da lui conosce Mariangela, un po’ badante, un po’ “amica speciale” dello Zio che gli fa da nave scuola.

Ma per una serie di circostante sfortunate, anche Mariangela finisce per morire in un incidente tragico e allora Ciccio – che sarà anche sbarellato ma capisce bene che per lui tira una brutta aria – scappa a RomaE lì, altri due incontri con altre due donne (indovinate come finiscono?), Titti e Spinetta. Entrambe le ragazze tirano via Ciccio dalla strada dove si arrangia a vivacchiare come vagabondo e successivamente mostrano anche loro un catalogo di patologie (e bugie) tali che danno quasi la sensazione che Ciccio sia la persona più sana di mente presente sulla scena.

Le molecole affettuose del lecca lecca è un libro originale, scritto in maniera spiritosa e brillante. È una via di mezzo tra un film di Ciprì e Maresco e uno di Nanni Moretti del primo periodo, con un tocco di follia, uno sguardo cinico e beffardo sull’umanità, un quadro spietato e crudele di Ribera e dell’ambiente asfissiante di una Roma accaldata e indifferente. Nel mezzo c’è Ciccio, con la sua incapacità di comprendere che la malattia ha compromesso il suo equilibrio mentale e che la sua fissazione per il sesso non è legata a una sana e normale esplosione ormonale dell’adolescenza ma è il frutto di un bisogno di comunicare che egli non riesce a esprimere in altro modo. Il suo rifiuto della realtàè il sintomo di un mondo che non accetta e che rifiuta attraverso comportamenti così violenti da essere inconcepibili: da qui, le sue amnesie che lo liberano dalla colpa legata alla morte sfortunata delle fidanzate.

Le donne di questo romanzo sono insieme caricaturali e molto realistiche. Belle, vitali, oscillano tra un desiderio di libertà coartato dalle loro origini e la voglia di dominare un uomo, sia pure disturbato come il ragazzino contro tutte le pretese sociali che le vorrebbero sottomesse e supine. Così si leggono i pugni di Spinetta o l’atteggiamento prepotente e autoritario di Titti, per non parlare di Miou, la coscienza femminile e alterata che Ciccio si porta dietro come una zavorra e che rappresenta tutto ciò che lui non riesce ad essere. 

Per concludere. Un libro interessante, divertente, scritto in maniera particolare. Se vi aspettate un romanzo con una costruzione lineare e una trama gestita secondo scadenze temporali lineari, allora non compratelo. Ma se desiderate un testo che sia davvero una boccata di aria fresca e che rappresenti un diversivo interessante e di qualità, allora il romanzo di Francesco Consiglio è ciò che fa per voi.

L'AUTORE 
Francesco Consiglio (Realmonte, 1965) morirà a Derry, una cittadina del Maine, nel 2044. Dopo avere svolto numerosi mestieri – accompagnatore, distributore di volantini, lavavetri, venditore porta a porta, dog-sitter, mago sensitivo cartomante astrologo si è messo in cerca di un mecenate che lo aiuti a superare le fatiche e gli stenti di una vita da aspirante scrittore di successo. Del resto non sa cantare, non sa suonare, non sa ballare, non sa recitare, non sa raccontare barzellette, non sa nuotare, non sa fischiare, non sa vendere, non sa vendersi, e queste sono solo alcune delle cose che lo pongono nella parte bassa della classifica del fare. Con questo romanzo ha provato a dimostrare che non sa scrivere. Ma non c’è riuscito.

Home Video "Top Gun 3D Limited Edition" | Recensione

$
0
0
Titolo originale: Top Gun
Nazione: USA
Uscita Cinematografica: 1986
Genere: Azione
Regia: Tony Scott
Cast: Tom Cruise, Kelly McGillis, Anthony Edwards, Meg Ryan, Val Kilmer
Sceneggiatura: Jim Cash, Jack Epps Jr.
Produzione: Paramount Pictures
Uscita Home Video Universal: 19 giugno 2013
Trama: Se la velocità per te è tutto, c'è solo un posto dove puoi andare - Top Gun, la più prestigiosa scuola della Marina Americana che forgia i migliori piloti del mondo, e che ha ispirato questo film di strepitoso successo. Nel suo ruolo più celebre, che lo rese una delle più grandi star del mondo, Tom Cruise è Maverick, il pilota che vola seguendo più l'istinto che le regole, e che deve combattere con i suoi demoni personali per sopravvivere in un mondo dove c'è posto soltanto per i vincitori.


RECENSIONE
C'è forse qualcuno che non ha mai visto Top Gun?
Il capolavoro del compianto Tony Scott ha segnato una generazione di cinefili e rappresenta un perfetto esempio di film action anni '80. Il genere d'azione è stato un caposaldo di quel decennio e a fianco di pellicole muscolari come quelle di Stallone e Schwarzenegger, fiorirono anche numerosi film che combinavano l'azione con un alta qualità visiva e recitativa. Uno di questi è sicuramente Top Gun.

Gli sceneggiatori Jim Cash e Jack Epps Jr. (al loro esordio) unirono le mirabolanti scene d'azione dei combattimenti aerei, con una sotto trama romantica, e ottennero una pellicola adatta sia al pubblico maschile che a quello femminile (che fu attratto anche dalla presenza di due sex symbol dell'epoca come Tom Cruise e Val Kilmer). Il successo al botteghino fu tale che Top Gun divenne un'icona generazionale.

In Top Gun ci sono tutte le caratteristiche simbolo degli anni '80 cinematografici: l'azione, la musica, il trionfalismo americano e un accenno di Guerra Fredda (con quei maledetti MIG russi che tutti noi, almeno una volta, abbiamo sognato di abbattere).

Ora, a ventisette anni dall'esordio al cinema, questa perfetta ricetta per un blockbuster di altri tempi è disponibile in una nuova spettacolare edizione Blu-ray. A partire dal 19 giugno, infatti, la Universal Pictures ha messo in vendita Top Gun - 3D Limited Edition. La nuova versione home video è un prodotto a doppio disco con l'edizione stereoscopica, quella tradizionale e una serie di contenuti speciali da far girare la testa.

La rimasterizzazione in digitale è di altissima qualità, e ha donato alle immagini lucentezza e definizione degne delle pellicole attuali. La conversione in 3D è molto buona e rende al meglio nelle scene aeree, dove, anche grazie all'ottima qualità audio HD, i jet sembrano fuoriuscire dallo schermo e svolazzare per il salotto. Per la lingua italiana, purtroppo, è previsto solo il Dolby Digital 2.0, per cui si consiglia la visione in lingua originale per godere al meglio dell'effetto immersione.

Grande nota di merito riservata ai contenuti speciali, veramente molto numerosi, tra cui spicca un documentario di 147 minuti dedicato alla realizzazione del film, con interviste esclusive, dietro le quinte e dettagli sulla realizzazione delle scene più famose.

Una versione limitata da accaparrarsi il prima possibile e conservare gelosamente.


INFORMAZIONI TECNICHE

Contenuti Audio: Inglese Dolby True HD 5.1; Inglese DTS-HD Master Audio 6.1; Portoghese, Francese, Giapponese, Spagnolo Dolby Digital 5.1; Italiano, Tedesco Dolby Digital 2.0

Sottotitoli: Inglese, Portoghese, Francese, Giapponese, Spagnolo, Italiano, Tedesco, Svedese, Finlandese, Norvegese, Danese, Olandese

Recensione “Across The Universe” di Beth Revis

$
0
0
Autore: Beth Revis
Titolo: Across The Universe (Across the Universe #1)
Traduzione di Gloria Pastorino
Casa editrice: Piemme
Collana: Freeway Fantasy
Pagine: 420
Prezzo:€ 17,00
Data pubblicazione: 9 ottobre 2012
Trama: Amy è una passeggera ibernata sulla navicella spaziale Godspeed. Ha lasciato il suo ragazzo e gli amici sulla Terra ed è partita con i genitori: si risveglieranno dopo trecento anni su un nuovo pianeta da colonizzare, Centauri. Ma qualcosa è andato storto: qualcuno ha cercato di ucciderla, risvegliandola dal suo sonno protetto. E così Amy si ritrova a dover passare senza la sua famiglia ancora cinquant'anni sull'enorme navicella spaziale, in balia di sconosciuti tra cui si nasconde un assassino che vuole scongelare tutti gli scienziati a bordo, compresi i suoi genitori. L'unico che sembra dalla sua parte è Elder, un ragazzo che presto diventerà il capo della navicella spaziale, e che per quanto sia potentemente attratto dalla sua singolare bellezza, cerca di proteggerla dal resto della comunità e dallo strapotere di Eldest, il capo. Ma Amy può davvero fidarsi di Elder? E quello che prova per lui la aiuterà, o sarà solo un ostacolo alla sua sopravvivenza sulla Godspeed?


RECENSIONE
Come ci si sente quando si è sicuri della direzione in cui sta andando la nostra vita e, all'improvviso, ci rendiamo conto che in quella direzione c'è soltanto il vuoto? Cosa accade se viviamo la nostra vita per un unico scopo e scopriamo che quello scopo non è reale, non ha senso, e che la nostra stessa vita non ha più senso?

Across the Universeè un libro complesso, un libro che difficilmente può essere commentato senza spoilerare. Non è un distopico, eppure lo è. È più che altro una sorta di 'origine della distopia', perché il suo prologo nel 2036, ha le radici su una Terra poco diversa da quella del 2013. Amy e i suoi genitori si fanno ibernare per poter arrivare, trecento anni dopo, su un pianeta simile alla Terra che si trova nella costellazione di Alpha Centauri. Un romanzo di fantascienza, dunque, che si svolge totalmente nel bel mezzo dell'universo, all'interno della nave spaziale Godspeed che sta portando questi colonizzatori alla loro destinazione.

Ma cosa è successo nel frattempo? Sono passate diverse generazioni da allora – non è chiaro quante siano – e sulla nave la popolazione è monoetnica e vive organizzata proprio come una società distopica, governata dal più anziano Eldest, che educa il suo successore, Elder, il protagonista maschile di questa storia.

Questo racconto sembra essere una sorta di retelling della favola della "Bella addormentata... nell'astronave", perché non appena Elder scopre che c'è un piano in cui ci sono persone congelate che aspettano di arrivare su Terra-Centauri per ritornare a vivere e vede Amy, così diversa da lui, se ne innamora perdutamente. Amy non solo è diversa da tutte le altre persone della nave: per una questione di cicli riproduttivi la ragazza è l'unica che si avvicina a Elder per età e ha i capelli del colore del tramonto, sebbene Elder non abbia mai visto un tramonto vero, né le stelle. Amy sta lì, ibernata nella sua bara di cristallo (lei la paragona a una scatola da scarpe), proprio come la bella addormentata ma, improvvisamente, qualcosa accade e la ragazza incomincia a scongelarsi e a rinvenire. Scopre quindi che mancano quarantanove anni all'arrivo su Terra-Centauri e, dunque, per l'atterraggio, lei sarà più vecchia dei suoi genitori. Qualcuno sta sabotando il livello di criogenia dell'astronave, scongelando senza controllo i membri della spedizione e Elder, Amy e il loro amico pittore Harley cercano di proteggere gli ibernati – fra cui ci sono i genitori di Amy – e di scoprire chi sia l'artefice del decongelamento.

Come in tutte le forme di distopia – l'ho detto che questo libro si potrebbe definire una sorta di proto-distopia, ovvero un romanzo di fantascienza in cui arriviamo anche a spiegarci come si è giunti a quella particolare forma di società– ci sono delle regole, regole che un leader deve seguire e che Eldest tramanda a Elder, che sarà il suo successore.
«La prima causa di discordia è la differenza. Non c’è alcuna religione sulla Godspeed. Tutti parliamo la stessa lingua. Apparteniamo tutti alla stessa etnia. E, poiché non siamo diversi, non combattiamo tra noi. Ricordi le Crociate di cui ti ho parlato? I genocidi? Non dovremo mai preoccuparci di nessuno di quegli orrendi crimini sulla Godspeed.»
Niente differenze, dunque, ecco perché Amy diventa subito un'emarginata, così diversa nell'aspetto, così estranea.
«La seconda causa di discordia» continua Eldest «è la mancanza di un leader forte.» 
Si china in avanti, tendendo le mani rugose e artritiche verso di me. «Capisci l’importanza di questa cosa?» dice, gli occhi lucidi per l’età avanzata o per qualche altro motivo. 
Annuisco. 

«Lo capisci davvero?» chiede con insistenza, stringendomi le mani così forte che mi sento scricchiolare le nocche. 
Annuisco di nuovo, incapace di staccare gli occhi dai suoi. 
«Qual è il pericolo più grande per questa nave?» La sua voce è diventata un sussurro ansimante. 
Mmm... Forse allora non ho capito... Eldest mi fissa, aspettandosi una risposta. Io lo fisso a mia volta. 
«L’ammutinamento. È l’ammutinamento, Elder. Più di un errore tecnico o di un malfunzionamento della nave o di un pericolo esterno, l’ammutinamento è la maggiore minaccia per questa nave. È per questo che dopo l’Epidemia fu creato il sistema di governo con l’Eldest. Una persona, nata prima di tutte le persone che dovrà guidare, che agisca come patriarca e comandante di tutti coloro che sono più giovani di lui. Ciascuna generazione ha un Eldest a guidarla. E tu sarai un giorno quell’Eldest. Tu sarai il leader forte che eviterà la discordia, che si occuperà del benessere di ogni persona vivente su questa nave.»
La Storia, come in 1984 di Orwell, è stata modificata per poter tenere sotto controllo la popolazione dell'astronave. Hitler diventa un eroe, il discorso di Lincoln a Gettysburg viene stravolto per i fini del leader della Godspeed.
«E quando le differenze tra gli stati divennero troppo forti, fu Lincoln a eliminare la causa di quella discordia.» 
«Io... Cosa?» 

«La multietnicità. La causa della guerra era che due razze non potevano convivere in un unico paese. Lincoln rimandò la razza nera nel continente dell’Africa e la guerra finì.» 
«Ma cosa stai dicendo?» farfuglio in preda allo stupore. «Non è così che successe!» 
Elder tocca lo schermo e l’immagine di Lincoln viene sostituita da un testo. Lui comincia a leggere le parole ad alta voce in tono solenne. 
«“Or sono ottantasette lustri e due anni che i nostri avi costruirono, su questo continente, una nuova nazione, votata al principio che tutti gli uomini devono essere uguali. Adesso noi siamo impegnati in una grande guerra civile, la quale proverà se quella nazione possa a lungo perdurare se gli uomini non sono uguali. Noi ci siamo raccolti su di un gran campo di battaglia di quella guerra per determinare il futuro di una nazione, di un popolo, libero dalla discordia, in pace attraverso l’identicità. La nostra nazione scoprirà ora la forza dell’unità e dell’uniformità.”»
Proprio come fa il Grande fratello in 1984, la Storia viene riplasmata dagli Eldest per i loro scopi, solo che sulla Godspeed adesso c'è Amy, la sua conoscenza reale della Storia che può contraddire le affermazioni e smentire le menzogne. Motivo di più per ostracizzare la ragazza.

E proprio come Hitler con il dottor Mengele, Eldest e Doc giocano con le combinazioni genetiche, creando – o cercando di creare – individui perfetti, e un’etnia unica, con la scusa di evitare l'incesto che, in una nave con una popolazione ridotta, diventa sempre più probabile generazione dopo generazione. Manipolazione genetica a tutti i livelli, dunque, e anche controllo totale delle nascite con un periodo di accoppiamento selvaggio chiamato “la Stagione” (che ai lettori di Marion Zimmer Bradley ricorderà il vento fantasma dei fiori di kireseth su Darkover), in cui il concepimento viene poi comunque adulterato in laboratorio dagli esperimenti di Eldest e Doc.
«La terza causa di discordia» dice con voce gelida «è il pensiero individuale. Nessuna società può prosperare se un singolo individuo ha il potere di avvelenare l’animo degli altri, portandoli all’ammutinamento e al caos.» Si volta e mi fissa con occhi di fuoco. «E se il pensiero individuale è quello del futuro leader della nave e se il futuro leader della nave sputa un tale veleno e una tale stupidità da accusare me di uccidere gli ibernati, allora prego le stelle in cielo che inculchi pensieri più intelligenti in quella sua testa vuota prima che io muoia e lui assuma il comando!»
E tutta la popolazione, salvo poche eccezioni, viene tenuta sotto controllo per evitare che si “pensi”. Tutto questo è iniziato a fin di bene, per evitare che il troppo pensare facesse impazzire le persone più sensibili, perché la Godspeed è diventata ormai un microcosmo, un piccolo pianeta a sé stante, che chissà se e quando raggiungerà mai la sua meta. Ma cosa succede (mi auto-cito) se viviamo la nostra vita per un unico scopo e scopriamo che quello scopo non è reale, non ha senso, e che la nostra stessa vita non ha più senso? E che differenza c'è fra la nostra Terra e la Godspeed? Non siamo anche noi, in fondo, nella stessa situazione, su un’astronave un po’ più grande, che non sa dove sta andando?

Il racconto è narrato in prima persona da Amy e da Elder, con l'alternanza di capitoli di lunghezza variabile, talvolta anche di un solo rigo. Purtroppo la Revis non riesce a dare una vera individualità ai due personaggi, che pure risentono di alcuni secoli e tantissime generazioni di evoluzione del linguaggio. Ci sono, effettivamente, dei neologismi che caratterizzano il linguaggio di Elder da quello di Amy (e confesso che ho poco gradito la traduzione italiana del neologismo creato dalla Revis frex, che appare ridicola), ma tralasciandoli non è facile distinguere le due diverse 'voci narranti'. Questa è tuttavia una delle poche pecche del romanzo, se non l'unica.

Il primo capitolo rimane aperto a molte possibilità, che ci fanno attendere con ansia la traduzione del secondo volume della trilogia, A Million Suns, pubblicato in lingua inglese a gennaio 2012. La trilogia sarà completata da Shades of Earth, il terzo e conclusivo romanzo della trilogia e da un breve prequel, As They Slip Away, che parla di vicende pregresse sulla Godspeed, con personaggi che conosciamo in Across The Universe.


Serie Across The Universe
0.5 – When They Slip Away (2013 prequel non ancora tradotto in italiano)
1 – Across The Universe (2011 – Edizione italiana Piemme Freeway ottobre 2012)
2 – A Million Suns (2012 non ancora tradotto in italiano)
3 – Shades of Earth (2013 non ancora tradotto in italiano)

L’AUTRICE
Beth Revis vive nel Nord Carolina con il marito e il cane. Across the Universeè il suo primo romanzo. Al libro è dedicato un sito molto ricco e interattivo

Recensione "Joyland" di Stephen King

$
0
0
Cari lettori, il libro di cui vi sto per parlare mi ha reso particolarmente sentimentale e voglio cominciare questa recensione con un ricordo della mia infanzia. Uno dei ricordi più belli delle scuole elementari è la piccola biblioteca da cui dovevamo scegliere la lettura della settimana  o del mese, non c'era una regola fissa. Era tutto molto spartano: la biblioteca altro non era che un armadio di ferro, grigio e serio, ma che, una volta aperte le ante, rivelava un cuore caldo di colori vispi e odore di carta. Ancora oggi, quando vado in biblioteca, mi piace passare nel settore dei ragazzi per ritrovare quelle vecchie edizioni che il tempo ha reso ancora più simpatiche. Sono piccole gioie che ogni lettore conosce, giusto? Proprio da questa consapevolezza sembra nascere l'idea di Joyland, l'ultimo romanzo di Stephen King.


Autore: Stephen King
Titolo: Joyland
Traduzione: Giovanni Arduino
Casa editrice: Sperling &Kupfer
Pagine: 352
Prezzo: € 19,90
Data di uscita: 4 giugno 2013
Trama: estate 1973, Heaven's Bay, Carolina del Nord. Devin Jones è uno studente universitario squattrinato e con il cuore a pezzi, perché la sua ragazza lo ha tradito. Per dimenticare lei e guadagnare qualche dollaro, decide di accettare il lavoro in un luna park. Arrivato nel parco divertimenti, viene accolto da un colorito quanto bizzarro gruppo di personaggi: dalla stramba vedova Emmalina Shoplaw, che gli affitta una stanza, ai due coetanei Tom ed Erin, studenti in bolletta come lui e ben presto inseparabili amici; dall'ultranovantenne proprietario del parco al burbero responsabile del Castello del Brivido. Ma Dev scopre anche che il luogo nasconde un terribile segreto: nel castello, infatti, è rimasto il fantasma di una ragazza uccisa macabramente quattro anni prima.



RECENSIONE
Quando abbiamo letto che Stephen King non avrebbe pubblicato in e-book il suo ultimo romanzo, ci è venuto un colpo. Ma come, proprio lui, il pioniere delle pubblicazioni digitali, quello che già pubblicava in formato elettronico quando noi, qui in Italia, a malapena cominciavamo a imparare come accendere un computer. Proprio lui, cari lettori. Una volta letto il libro in questione, ho capito perché:Joylandè un tributo ai cari vecchi libri, ai paperbackcon le copertine segnate dal tempo, con gli angoli smussati, con le pagine ingiallite e... ok, ci do un taglio, tanto avete capito che sto parlando dei cari vecchi libracci. Joylandè pura Operazione Nostalgia, a cominciare da un incipit perfetto, di cui vi riporto una parte:
È stato l'autunno più bello della mia vita; continuo a sostenerlo anche quarant'anni dopo. E, allo stesso tempo, non mi sono mai sentito così infelice. La gente pensa che il primo amore sia tanto dolce, e lo diventi ancora di più quando il legame si spezza. Conoscerete almeno un migliaio di canzoni pop e country sull'argomento, con qualche povero scemo dal cuore infranto. Ma quella prima ferita è la più dolorosa, la più lenta a guarire e lascia una cicatrice orribile. Che ci sarà di dolce...

Questo è il sentimento di cui è intriso il romanzo, nonostante si tratti di una ghost story con un giallo da risolvere. Il punto è che Stephen King è talmente bravo a calarci nell'atmosfera degli anni '70 che ce ne frega da qua a là dell'identità dell'assassino e del fantasma. Per carità, non fraintendiamoci, il giallo è fatto bene e tutti i meccanismi scattano al momento giusto con una buona dose di elementi sovrannaturali, ma al centro del racconto c'è un mondo scomparso, esattamente come nel lavoro precedente di King, 22/11/'63. Se 22/11/'63è una specie di requiem per l'America degli anni '50, ubriaca di american dream, Joyland ci porta in un'America già smaliziata, in cui sono evidenti le crepe della rivoluzione sociale in corso ma in cui è ancora presente un certo romanticismo analogico. Le telefonate filtrate da madri-cerberi, le meraviglie del sistema interbibliotecario, le cartoline delle vacanze: dettagli su cui King insiste per dipingere un'epoca in cui l'avvento del digitale era poco più di un miraggio. Lo stesso Joyland, il parco di divertimenti in cui il romanzo è ambientato, è un dinosauro che sta andando estinguendosi, soppiantato dai grandi parchi a tema supportati dall'uso massiccio del marketing: una metafora per dire che c'è stato un momento in cui l'industria del divertimento non aveva bisogno di adottare astruse politiche aziendali per vendere, bastavano l'intuizione e il sudore.

Con la ferma decisione di non distribuire  inizialmente  Joyland in formato digitale, King svela il vero obiettivo di questo romanzo solo all'apparenza innocente: farci fermare un secondo a riflettere se la direzione che ha preso l'industria dell'intrattenimento, editoria compresa, è quella giusta, oppure, senza rendercene conto, sta perdendo qualcosa per strada, fosse anche il semplice piacere del lettore di andare in libreria a comprare i libri, e leggerli con la carta. Non credo che in Italia questo aspetto reazionario sia così dirompente, visto che le vendite del digitale rispetto al cartaceo sono ancora basse, ma negli Stati Uniti, dove le librerie chiudono anche per effetto delle vendite degli e-book, costringere i propri lettori a rivolgersi a un libraio è un atto che ha un grande valore simbolico sul piano sentimentale, più che su quello economico; come tributo, Joyland infatti non risolleverà le sorti delle librerie e, anzi, paradossalmente ne decreterà la morte, relegandole a un passato prossimo che sembra già appartenere alla leggenda, esattamente come il luna park e le attrazioni divorate dalla ruggine. Alla fine del giro, Stephen King sembra stare sempre un passo avanti: come quindici anni fa si lanciava spavaldo nelle pubblicazioni digitali, ora si dimostra già pronto a dare l'estremo saluto ai libri cartacei attraverso un libro, coinvolgendo tutti i lettori in una veglia in cui, pare, saranno versate parecchie lacrime in ricordo di quei libri che più invecchiano e più sono simpatici.


L'AUTORE
Stephen Kingè uno dei più grandi autori contemporanei di horror. Attivo dagli anni '70, i suoi romanzi sono stati spesso portati sia sul piccolo che sul grande schermo. Attualmente è trasmessa "Under The Dome", serie TV tratta dal suo romanzo The Dome. A settembre uscirà negli Stati Uniti il suo prossimo lavoro, Doctor Sleep, seguito di Shining.

Recensione: "Tutto quello che devi sapere per pubblicare (e vendere) il tuo e-book", di Alberto Forni

$
0
0
Autore: Alberto Forni
Titolo: Tutto quello che devi sapere per pubblicare (e vendere) il tuo e-book
Editore: little BIG Books
Pagine: 103
Prezzo:€ 4,99
Formato: digitale senza DRM
Data pubblicazione: Maggio 2013
Trama: Che cos’è il self-publishing? È solo un campo giochi per scrittori incompresi o l’ultimo passo di una rivoluzione dell’editoria iniziata vent’anni fa con il desktop publishing? Oggi, chiunque può pubblicare un e-book e andare alla ricerca di potenziali lettori. E per quanto il successo non sia alla portata di tutti, le potenzialità rimangono. Questa guida affronta molti degli aspetti legati all’autopubblicazione, a partire dalla realizzazione tecnica di un libro elettronico fino alla sua promozione. Perché se a uno scrittore tradizionale è richiesto solo di saper scrivere (o al limite, in qualche occasione, di saper anche parlare di ciò che scrive), uno scrittore “indipendente” deve essere in grado di correggere e formattare il proprio testo, creare una copertina, scegliere il “giusto” prezzo da applicare al libro o i canali attraverso cui distribuirlo, deve conoscere bene il funzionamento degli store digitali e magari avere anche qualche nozione di base sui principali aspetti fiscali o i meccanismi dei motori di ricerca. Senza contare l’impegno richiesto per la promozione, che rischia di diventare un’attività parallela. Insomma, diventare editori di se stessi può anche sembrare un’idea entusiasmante, ma richiede senza dubbio molta applicazione. La strada del self-publishing può essere ricca di soddisfazioni, ma è necessario comprendere a fondo i meccanismi di un ecosistema che si trova ancora in una fase pionieristica e le cui regole vengono ridefinite di continuo. Chi pensa che basti rendere disponibile il proprio e-book su qualche sito per venderne migliaia di copie, non si comporta diversamente da chi invia un dattiloscritto a un editore e si aspetta che a stretto giro di posta gli arrivi un contratto di pubblicazione. È vero, come insegnano le storie di successo degli autori self-published d’oltreoceano, che la ricetta è molto semplice: basta scrivere un buon libro e saperlo promuovere. Ma come ogni buon cuoco sa, a volte sono proprio le ricette più semplici a rivelarsi le più difficili.

RECENSIONE
Il digitale è da molti definito la nuova frontiera dell'editoria. A prescindere dai gusti personali, è fuor di dubbio che l'invenzione degli e-book e la diffusione degli e-reader stanno rappresentando una rivoluzione per il mondo editoriale. Un cambiamento che riguarda editori, lettori e soprattutto scrittori.

Auto-pubblicare il proprio e-book è diventata una scelta alla portata di tutti coloro che hanno un romanzo nel cassetto (e l'Italia è un paese di scrittori, giusto?). Basta creare un file, inviarlo ad Amazon e aspettare che milioni di lettori lo comprino e lo scarichino. Ma è veramente così semplice? Decisamente no.

Per produrre un e-book degno di essere venduto e apprezzato dai lettori ci vuole un'attenzione maniacale sia per i contenuti che per la forma. Nella giungla digitale del self-publishing, infatti, non basta scrivere un ottimo romanzo, ma è necessario anche editarlo, formattarlo, promuoverlo. Un lavoro non semplice.

In aiuto a tutti gli aspiranti editori di se stessi, arriva Tutto quello che devi sapere per pubblicare (e vendere) il tuo e-book, un manuale di auto-pubblicazione scritto da Alberto Forni e disponibile (ovviamente) in formato digitale.

L'autore analizza in maniera chiara ed esauriente tutti i passi che uno scrittore deve compiere per raggiungere nel modo migliore il traguardo della pubblicazione. Non vengono presi in considerazione gli aspetti della scrittura, ma solo ed esclusivamente quelli del lavoro da compiere, sul testo e nel web, per realizzare un prodotto vendibile e apprezzabile dall'utente.

Tutto quello che devi sapere per pubblicare (e vendere) il tuo e-book non è il Santo Graal dello scrittore emergente, né una formula per vendere milioni di e-book e diventare ricchi, alla faccia degli editori tradizionali che non vogliono pubblicare i vostri libri. Tutto quello che devi sapere per pubblicare (e vendere) il tuo e-book è solo un'utilissima guida che illustra, anche ai meno esperti, tutti le fasi comprese tra la fine della scrittura e la vendita del vostro romanzo. Di seguito l'elenco dei principali argomenti trattati:
  • La formattazione del testo
  • Indice del libro e indice di navigazione
  • Creare una copertina
  • Scegliere il “giusto” prezzo
  • DRM e diritto d’autore
  • Come ottenere un codice ISBN
  • Presentare al meglio il proprio libro
  • Conoscere Amazon: il programma KDP Select, le recensioni, il codice segreto della formattazione
  • Smashwords e altri store digitali
  • Aspetti fiscali nazionali e internazionali
  • Print on demand
  • Promuovere un libro nell’era digitale
  • Storie di successo
Ideale per tutti quelli che stanno pensando di auto-pubblicarsi.

L'AUTORE
Alberto Forni è nato a Bologna di venerdì 17 ma dichiara di non essere scaramantico. Per Stampa Alternativa ha curato il millelire Scrittrice precoce a pochi mesi scriveva il suo nome - Autobiografie di scrittori non illustri e il volume Mondo Hacker 1.0. Ha pubblicato la raccolta di racconti Avanti Veloce - Cronache da un mondo pop (Fernandel, Baldini&Castoldi). Ha lavorato come autore alla trasmissione radiofonica Dispenser di Radio 2 e a quella televisiva Viva la crisi di Rai 3.
Ha scritto per riviste come Wired, T3, Flair, Grazia, Panorama, Linus. È autore del blog Fascetta Nera, dedicato alle fascette dei libri, e del sito iltuoebook.it che si occupa di editoria digitale e self-publishing.

Gideon Cross, penetrazione finale (?): recensione “Nel profondo di te” di Sylvia Day

$
0
0
Cari lettori, autolesionisti e curiosi conoscitori del buco nero in cui stanno affondando i trend della narrativa di consumo, questa volta è davvero solo per voi che mi sono sobbarcata la lettura del nuovo volume della Crossfire Trilogy.

La serie di Sylvia Day, etichettata a più riprese come “qualcosa di meglio” rispetto alla sua “gemella” 50 sfumature, dopo aver conquistato quel minimo di pacata curiosità persino da parte della sottoscritta con i primi due volumi, è qui giunta ai minimi storici e so già che fallirò nel tentativo di salvare qualcosa dal clima di generale inutilità che aleggia intorno a questo romanzo.

Un terzo volume tristemente non conclusivo, che allunga all’inverosimile il brodo, già lungo, del secondo episodio, abbandonando le poche piste interessanti (quella che si affaccia al thriller è ridotta ad un’allure molto vaga) per soffermarsi sulle dimenticabili storie dei due protagonisti con i loro ex: il tutto condito con tanto sesso, in un clima di eterno pettegolezzo che regna dalla prima all’ultima pagina. Finale scontato e comunque irrilevante a livello d’intreccio.

Autore: Sylvia Day
Titolo: Nel profondo di te
Titolo Originale: Entwined with You
Editore: Mondadori
Collana: Omnibus
Pagine: 360
Prezzo: 14,90 euro
Trama: Dal primo momento in cui Eva Tramell ha incontrato Gideon Cross, si è resa conto che in lui c'era qualcosa di cui aveva un tremendo bisogno. Qualcosa a cui non poteva resistere e che la attraeva visceralmente. Travolti da una passione che li ha infiammati fin da subito, Eva e Gideon hanno scambiato per lussuria la potentissima corrente elettrica che si è sviluppata tra loro, finché si sono resi conto di non poter più respirare l'uno senza l'altra. Entrambi, però, hanno alle spalle vicende difficili e dolorose che continuano inesorabilmente a bussare alle porte del loro presente...Nel terzo capitolo della "Crossfire Series", Eva e Gideon dovranno affrontare i fantasmi del loro passato e lei, in particolare, dovrà fare i conti con l'imprevedibile comportamento di Gideon: solo Eva sa quanto lui abbia rischiato per tenere in vita il loro rapporto e quanto anche lui abbia bisogno di lei. Uniti dai loro segreti, cercheranno di superare gli ostacoli, accettando le conseguenze della loro relazione ossessiva e arrendendosi completamente alla sublime forza del piacere...


RECENSIONE
Avevamo lasciato Eva alle prese con la reazione riguardo la sconvolgente verità che ha portato alla morte del suo fratellastro ed ex stupratore Nathan (cliccate qui per i dettagli). Il colpo di coda in chiave thriller con cui si era chiuso “Riflessi di te” faceva sperare in un’evoluzione virata al giallo mentre, sfortunatamente, le aspettative del lettore vengono subitamente disattese.


Raccontarvi la trama di questo terzo volume è spinoso, se non impossibile, come vi sarete resi conto anche dall’inconsistenza della quarta di copertina, e il motivo è che in questo romanzo non succede praticamente nulla di rilevante dall’inizio alla fine: le indagini in merito alla morte di Nathan sono pura facciata (e il caso finirà prescritto in men che non si dica) e a tenere banco sono soprattutto i rapporti che continuano a legare Gideon e Eva ai loro rispettivi ex; da una parte la rock star Brett, che incide canzoni in ricordo dei vecchi tempi, disponendo di video erotici girati insieme alla sua ex all’epoca della loro relazione; dall’altra la nevrotica Corinne, che si impasticca a più riprese perché “non posso vivere senza Gideon”, nonostante abbia sposato per scelta un aristocratico francese, abbandonando il nostro eroe in tempi non sospetti.

Sullo sfondo sfilano le vicende, sempre poco approfondite, dei sempre ottimi (e sacrificati) personaggi secondari: i genitori di Eva, che scoprono di amarsi ancora, l’amico Cary, alle prese con una possibile paternità, il matrimonio del simpatico Mark, capo di Eva.

Il finale, poi, è un atto a tratti inaspettato, che però si rivela in tutta la sua pochezza a causa del fatto che resta un mistero per tutti, ad eccezione dei due protagonisti.

SPOILER(evidenziare per leggere): Eva e Gideon volano ai Caraibi per un weekend e si sposano sulla spiaggia, alla maniera di divi. Questo matrimonio non ha alcun tipo di conseguenza, perché nessuno ne sarà informato e i due continueranno a comportarsi come semplici fidanzati. Tutto ciò mentre la madre di Eva pronostica (e si impegna ad organizzare) un mega matrimonio in pompa magna.FINE SPOILER

Insomma, come vi sarete accorti da questa breve e poco esaustiva carrellata, il libro è composto al 99% da pettegolezzi e anche i pochi colpi di scena relativi ai personaggi di contorno sembrano parcheggiati lì per porre dei metaforici stuzzicadenti a sorreggere le palpebre già calanti dei lettori.

Sforzandomi oltre misura per trovare qualcosa da salvare, posso dire questo: i particolari metodi di Eva per far superare a Gideon i suoi traumi sono discutibili, ma tutto sommato interessanti; la tensione erotica tra i due è sempre più palpabile, le scene bollenti si sprecano e sono anche piuttosto ben riuscite (forse si tratta del risvolto più accettabile del romanzo). Anche se non mancano i soliti scivoloni ridicoli, che non ho nessuna intenzione di risparmiarvi:
"Il mio corpo implorò l'affondo rude del suo pene"

"Il primo giorno della mia vita è stato quello in cui ti ho incontrata." Quelle parole mi stordirono. Deglutii a fatica e sussurrai: "Okay, hai vinto. Puoi mettermelo dentro."

"Mi tenne così, sospesa tra le sue braccia, piena del suo cazzo, facendomi impazzire con i suoi gemiti"
Per il resto, si arriva a fine libro con una stanchezza che non dovrebbe esistere, trattandosi di narrativa di consumo: la noia regna globalmente sovrana e il fatto che la storia non si concluda lascia irritati, sconcertati e consapevoli di aver buttato via il proprio tempo, specie alla luce del fatto che potranno esserci addirittura altri due volumi, prima di conoscere la fine della storia.

Stavolta mi arrendo, non riesco a consigliarlo neanche come libro di pura evasione.



L’AUTRICE
Sylvia Day è nata a Los Angeles, è cresciuta a Orange County (O.C.), e in seguito ha vissuto a Monterey, Oceanside, e Temecula Valley. È nippo-americana e segue da vicino le attività culturali giapponesi che si svolgono nel Sud California. Da bambina aveva due aspirazioni professionali: diventare una trainer di delfini al Sea World o scrittrice di bestseller. È riuscita nella seconda impresa. In testa alle classifiche del New York Times e USA Today, ha scritto più di 12 romanzi. Ha svolto i lavori più diversi: impiegata in un parco di divertimenti, traduttrice e interprete dal russo e ha lavorato anche nell'Intelligence dell'Esercito americano. I suoi romanzi sono tradotti in più di 30 paesi. È stata insignita dell'RT Book Reviews Reviesers' Choice Award, dell'EPPIE Award, del National Readers' Chioce Award, del Readers' Crown. In Italia Mondadori pubblica la sua trilogia erotica The Crossfire Trilogy (2012-2013).



Recensione: "Il risveglio deglio obliati" di XomegaP

$
0
0
Cari lettori,
torniamo a parlarvi oggi della saga Fantasy ambientata a Finisterra ideata dal gruppo di autori italiani XomegaP. Arrivata al suo secondo capitolo, Il risveglio degli obliati, questa saga dimostra che la collaborazione di più autori può rivelarsi davvero proficua, generando un prodotto finale omogeneo in struttura e narrazione. Nonostante questa forza di base, però, gli autori ancora non sono riusciti rendere veramente partecipe il lettore delle vicende di Finisterra e degli eventi che la stanno sconvolgendo.

Autore: XomegaP
Titolo: Il risveglio degli obliati
Serie: Finisterra
Editore: Edizioni Domino
Pagine: 352
Prezzo € 17
Formato: e-book
Data pubblicazione: 2013
Trama: Finisterra brucia. Gli Eroi hanno gettato la maschera e ora Zwi il Primo rivendica il Trono di Porpora. Al loro fianco gli Obliati, emersi dalle nebbie della storia, combattono la loro guerra per riportare gli antichi culti nella Penisola. Mentre intrighi di corte e odi fra fazioni lacerano l'Impero delle Tre Spade, al sud Koilev e Prekkajnel si preparano ad affrontare insieme la calata dell'esercito di Terek l'Ombroso all'altezza di Briegel. Ma in una guerra civile nessuna alleanza è sicura e nessun giuramento è privo di trappole. Mentre i calzari chiodati dei fanti rimbombano sulle strade di Finisterra, per l'Impero delle Tre Spade e il Regno di Vùos è cominciata la battaglia per la sopravvivenza. Ne "Il risveglio degli Obliati", il secondo volume della Trilogia Finisterra, i protagonisti di "Le Sorgenti del Dumrak" si troveranno in una situazione paradossale: dover porre rimedio alle conseguenze del successo della loro missione. Riusciranno a rovesciare le sorti di una guerra che pare già perduta?

RECENSIONE
Secondo capitolo di una saga Fantasy dai natali tutti italiani, Il risveglio degli obliati ci riporta alle vicende di Finisterra, che avevamo lasciato alla fine del primo capitolo, Le sorgenti del Dumrak, alle soglie di una rivoluzione epocale. Lasciati alle spalle i complessi equilibri politici di Finisterra, troviamo in questo nuovo capitolo più azione e più spazio di espressione per i singoli personaggi, che guadagnano così una propria dimensione e posizione nel mondo fantastico in cui si muovono.

Prima di affrontare la lettura de Il risveglio degli obliati, è di grande aiuto servirsi delle informazioni presenti sul sito, molto curato, che gli autori hanno dedicato alla saga (qui). È infatti possibile rinfrescarsi la memoria, in pochi click, sui dettagli più importanti del vasto mondo di Finisterra, rientrando in contatto con i personaggi chiave della saga, in modo da poter affrontare senza dubbi e senza dover rispolverare Le sorgenti del Dumrak la lettura di questo secondo capitolo. È inoltre possibile rimanere aggiornati su tutte le novità che riguardano Finisterra, acquistare i libri ecc.

Gli XomegaP riescono anche questa volta a mantenere fluido ed omogeneo lo stile narrativo, a dispetto del grande numero di mani che hanno contribuito alla stesura di questa saga. Nonostante ci siano idee e basi narrative nel complesso solide, il romanzo risulta, però, spesso piuttosto pesante e lento: poco coinvolgente e un po’ dispersivo. La divisione della compagnia iniziale in gruppi più piccoli ha ampliato notevolmente la prospettiva, ma i cambi di POV risultano bruschi e dispersivi, inseriti in punti della trama in cui non riescono a svolgere efficacemente il difficile compito di mantenere alti la tensione e il pathos.

Interessante l’evoluzione dei personaggi: mentre alcuni rimangono fedeli a loro stessi, altri mostrano una nuova faccia che mai avremmo loro attribuito. Se è vero che si deve fare di necessità virtù, nelle situazioni più difficili i protagonisti de Il risveglio degli obliati fanno tesoro di questa massima oppure decidono di stravolgerla, crescendo o regredendo, imboccando sentieri pericolosi e ideologicamente lontani dalla loro indole.

Non mancano anche alcuni colpi di scena, che però non riescono ad essere del tutto efficaci a causa del basso coinvolgimento, sia mentale che emotivo. C’è molta carne al fuoco in questa saga, ma qualcosa della sua struttura e della sua anima ancora non convince e non riesce a trasportare veramente il lettore a Finisterra. La strada che conduce alla sua fine sembra però ancora lunga, quindi non mancheranno le occasioni, per gli autori, di concretizzare il suo potenziale, ancora per gran parte inespresso.

GLI AUTORI
XOmegaPè un progetto di scrittura collettiva orientato al fantastico che nasce nel 2004 dalla mente di cinque amici accomunati dalla passione per la scrittura.
“In quasi dieci anni di vita abbiamo le nostre attività sono state innumerevoli, abbiamo pubblicato una discreta quantità di racconti sul web, prodotto due e-book gemelli ambientati in un night-club chiamato Hopeless (Hopeless night - Volti e Hopeless night - Presenze), realizzato un paio di antologie cartacee (Diciotto racconti di sogni d’ombre– Il foglio, 2005 e Mutazioni– Perrone LAB, 2007) e seguito progetti in collaborazione con il Comune di Modena (Open book). Dal 2011 organizziamo corsi di scrittura creativa, al termine dei quali riuniamo gli elaborati dei nostri studenti in una serie di e-book chiamati Xcorsi.
A parte questo, naturalmente, siamo dal 2008 al lavoro sul nostro progetto più ambizioso: Finisterra.”
XOmegaP è formato da: Sara Bosi, Simone Covili, Massimiliano Prandini, Gabriele Sorrentino e Marcello Ventilati.

Home Video "Anna Karenina" recensione

$
0
0
Titolo originale: Anna Karenina
Nazione: USA
Uscita cinematografica: 21 Febbraio 2013 (Ita) 16 Novembre 2012 (USA)
Genere: Drammatico
Regia: Joe Wright
Cast: Keira Knightley, Aaron Johnson, Domhnall Gleeson, Emily Watson, Olivia Williams, Ruth Wilson, Kelly Macdonald, Matthew Macfadyen, Alicia Vikander
Sceneggiatura: Tom Stoppard
Produzione: Focus Features
Distribuzione: Universal Pictures International Italy
Uscita Home Video: Luglio 2013
Trama: Nuovo affascinante affresco cinematografico dell’epica storia d’amore tratta dal capolavoro di Lev Tolstoj. Nella Russia di fine ‘800 la bella ed energica Anna (Keira Knightley) sembra vere tutto quello a cui i suoi contemporanei aspirerebbero: moglie di Karenin (Jude Law), un ufficiale governativo di alto rango, al quale ha dato un figlio, e con una posizione sociale e reputazione a San Pietroburgo che non potrebbe essere più alta. Ma l’incontro con l’affascinante ufficiale Vronsky sconvolgerà la sua vita irrimediabilmente.

RECENSIONE
Cinema e letteratura ballano assieme in Anna Karanina, ultimo film diretto da Joe Wright a partire dall'adattamento di Tom Stoppard (già Oscar per la sceneggiatura originale di Shakespeare in Love).

Il regista inglese (divenuto celebre per altre pellicole in costume quali Orgoglio e Pregiudizio ed Espiazione), rielabora il romanzo di Lev Tolstoj donandogli un'originalissima unità di luogo, il teatro, dove interni, esterni, scenografie e paesaggi vengono mescolati in un'esperienza caleidoscopica che affascina e coinvolge. In bilico tra rappresentazione teatrale e pellicola cinematografica, il film di Wright fa rivivere la Russia di Tolstoj e il complicato amore tra Anna e il conte Vronsky, ostracizzato dal moralismo di una società soffocante e dalle incertezze della stessa protagonista.

La Anna di Wright ha il volto di Keira Knightley (al terzo film con il regista), che, a differenza del solito, offre un'interpretazione talmente caricaturale da rendere odioso il suo personaggio. L'attrice punta troppo sull'aspetto insoddisfatto dell'animo di Anna, con il risultato di trasmettere allo spettatore l'idea di una protagonista meritevole del destino tragico che la storia le riserva. L'attrice britannica è affiancata da un imbalsamato Aaron Johnson e da un ottimo Jude Law, la cui interpretazione spicca sopra quelle di tutto il cast.

Nonostante le incertezze interpretative, è bene sottolineare che Anna Kareninaè un film geniale dal punto di vista visivo, uno spettacolo scenografico del tutto inusuale, che è ora disponibile anche in home video, grazie alla distribuzione della Universal Pictures.

La pellicola è acquistabile nei formati DVD e Blu-Ray, entrambi caratterizzati da un'ottima qualità audio e video. La versione Blu-Ray è molto più curata, con un video ovviamente più definito e un audio DTS-HD Master Audio 5.1 per l'inglese e DTS Digital Surround 5.1 per le altre lingue (compreso l'italiano). Oltre alle migliori proprietà audio/video, la versione Blu-Ray presenta in esclusiva i contenuti speciali del film, con una serie di documentari dedicata all'adattamento del romanzo, alla visione del regista e alla protagonista femminile, Keira Knightley.

Sia il DVD che il Blu-Ray contengono inoltre un codice per scaricare gratuitamente una copia digitale del romanzo di Tolstoj: un'ottima occasione per riscoprire un classico della letteratura e per godersi, sul salotto di casa, il suo riuscito adattamento cinematografico.

INFORMAZIONI TECNICHE

DVD
Contenuti audio: Italiano, Inglese, Spagnolo, Ungherese DOLBY DIGITAL 5.1
Sottotitoli: Inglese n/u, Italiano, Spagnolo, Bulgaro, Danese, Finlandese, Ungherese, Norvegese, Romeno, Svedese

BLU-RAY
Contenuti audio: Inglese DTS-HD Master Audio 5.1; Italiano, Francese, Tedesco, Spagnolo DTS Digital Surround 5.1
Sottotitoli: Inglese, Italiano, Francese, Tedesco, Spagnolo, Danese, Olandese, Finlandese, Islandese, Norvegese, Portoghese, Svedese, Arabo
Contenuti Extra: Scene Eliminate, Anna Karenina: Un’Epica Storia d’Amore, Adattare Tolstoj, Keira Interpreta Anna, Sul Set con il Regista Joe Wright, Vestire Anna, Anna Karenina: Riprese Temporizzate, Commento al Film con il Regista Joe Wright

Recensione di "The Lone Ranger" di Gore Verbinski

$
0
0
In sala dal 3 luglio il nuovo film dell’accoppiata Verbinski-Depp: The Lone Ranger
Titolo: The Lone Ranger
Regia: Gore Verbinski
Sceneggiatura: Ted Elliott, Terry Rossio, Justin Haythe
Data di uscita: 03 luglio 2013
Genere: western, azione, avventura
Distribuzione: Walt Disney Pictures
Durata: 149 min.
Cast: Johnny Depp, Armie Hammer, Helena Bonham Carter
TramaL’indiano Tonto (Depp) e l’ex Texas Ranger John Reid (Hammer), trasformato in “Cavaliere Solitario”, stringono un’improbabile alleanza per vendicarsi del perfido Butch Cavendish e diventano leggenda.


RECENSIONE
Alla quinta collaborazione dopo i primi tre episodi della saga dei Pirati dei Caraibi e il film d’animazione Rango, la coppia Gore Verbinski - Johnny Depp torna in sala con il western actionThe Lone Ranger. Ma stavolta qualcosa non ha funzionato e il film della Disney Pictures, fan del motto Squadra vincente non si cambia (ne è testimonianza il quinto capitolo dei Pirati in cantiere), si è rivelato un sonoro flop incassando un terzo di Cattivissimo me 2 durante il primo weekend di programmazione negli U.S.A. Per Depp è l’ennesimo insuccesso dopo l’inguardabile The Rum Diary - Cronache di una passione e il sottovalutato Dark Shadows: possibile che Depp sia una garanzia al botteghino solo nei panni di Jack Sparrow?

Forse il problema principale di The Lone Ranger, rilettura moderna di due personaggi cult americani nati negli anni ‘30 come protagonisti di uno sceneggiato alla radio, è proprio il tentativo – non riuscito – di strizzare l’occhio alla saga piratesca: stesso regista, stesso protagonista e stessi sceneggiatori (Ted Elliott e Terry Rossio con la new entry Justin Haythe, famoso per Revolutionary Road). Il risultato è un film discontinuo, troppo lungo (149 minuti!) e con due attori fuori parte. Nello sceneggiato originale e nelle successive trasposizioni televisive, il protagonista era il Cavaliere Solitario, ex Texas Ranger mascherato in cerca di vendetta. Nel film di Verbinski, invece, per dare maggiore spazio a Depp, la storia è narrata dal punto di vista dell’indiano Tonto che, ormai anziano e diventato un’“attrazione” delle giostre, racconta a un bambino la nascita del mito del Cavaliere Solitario. Ma il look geniale di Tonto con un corvo morto in testa con cui l’indiano interagisce, scelto dallo stesso Depp e ispirato al quadro I’m a crow di Kirby Sattler, è l’unica novità, il resto (gesti, movimenti, espressioni) sa di già visto: un po’ Jack Sparrow, un po’ Cappellaio Matto, un po’ Barnabas Collins, un po’ Willy Wonka, Depp sembra non riuscire più a uscire dal personaggio alternativo, folle e sopra le righe in cui è ormai imprigionato dai tempi de La maledizione della prima luna. Accanto a un Johnny Depp sempre più “vittima” di Jack Sparrow troviamo un Armie Hammer al primo ruolo importante dopo parti minori in The Social Network, J. Edgar e Biancaneve: scelta azzardata e poco felice, visto che il giovane attore è poco credibile nei panni del Cavaliere Solitario e offre una performance poco incisiva e noiosa. Anche Helena Bonham Carter– alla sesta collaborazione con Depp ma la prima senza la regia del marito Tim Burton – non convince nei panni di una maitresse di bordello – con il dettaglio extra kitsch della gamba finta in avorio – e sembra la parodia di sé stessa.

Se l’ottimo cast, almeno sulla carta, di The Lone Ranger appare sprecato e “fuori parte”, forse è anche colpa di un regista poco ispirato che esegue il suo “compito” senza guizzi né idee. Anche la sceneggiatura che attinge a piene mani ai classici cliché da film western (la strage degli innocenti, la prostituta dal cuore d’oro, la sete di vendetta, il cattivo di turno, l’inseguimento finale ecc.) risulta prevedibile ed eccessivamente lunga. Dopo un buon inizio, infatti, il film si dilunga troppo nella parte centrale – un paio di sforbiciate in sala di montaggio avrebbero sicuramente giovato – per riprendersi poi con un finale ritmato che ci regala la chicca che i fan del Cavaliere Solitario aspettavano: l’inseguimento finale sulle note celeberrime del Guglielmo Tell di Rossini, un must della saga!
Sicuramente una delusione per i fan di Johnny Depp che non si aspettavano una sua performance così sottotono. The Lone Rangerè un blockbuster mancato privo del ritmo e dell’inventiva della sua fonte di ispirazione, la saga dei Pirati dei Caraibi. In attesa di vedere Depp nel quinto capitolo, in arrivo nel 2014, noi di Diario travolti dall’effetto nostalgia vi consigliamo di riguardare Edward mani di forbice per vedere il nostro Johnny al suo meglio. Eh sì, sembra passato un secolo…

Colpi di sonno: recensione “Il mio dolce gemello” di Nino Haratischwili

$
0
0
Eccomi a raccontarvi il caso letterario teutonico di stagione: l’autrice (perché trattasi di autrice, il nome si legge “Nina”) è georgiana naturalizzata tedesca, classe 1983, di professione sceneggiatrice teatrale e cinematografica, qui al suo primo cimento con la prosa romanzesca.
Scrive nella lingua di Goethe (non me ne voglia Goethe, che si starà rivoltando nella tomba, se mi sente) e ci narra gli alti e bassi di un amore impossibile e tormentato tra due ragazzini, poi adulti, che condividono un segreto che è la chiave di una terribile tragedia di cui si sentono responsabili.
Questo romanzo è la storia del loro ritrovarsi e riperdersi che culmina in un viaggio in Georgia, un luogo topico dove il passato, finalmente, si svelerà e il futuro potrà incominciare.

Una storia su cui avevo molte aspettative e che purtroppo si è rivelata scritta male, tradotta peggio, molto “raccontata” e poco “mostrata”: un esordio che tradisce molti errori tipici degli scrittori alle prime armi, un risultato spiacevole che non viene certo aiutato da una storia confusa, non consequenziale, globalmente poco avvincente, in cui uno spunto interessante è mischiato a elementi che, alla fine, si rivelano espedienti di comodo, dall'attrattiva davvero scarsa.

Autore: Nino Haratischwili
Titolo: Il mio dolce gemello
Titolo originale: Mein sanfler Zwilling
Editore: Mondadori
Collana: Narratori italiani e stranieri
Pagine: 271
Prezzo: 17 euro
Trama: Stella si è costruita un'esistenza di affetti sereni e sicurezze quotidiane: un bambino amatissimo, un marito attento, un buon lavoro, una bella casa. Un giorno Ivo suona alla sua porta spalancandola d'un colpo sul passato. Ivo e Stella hanno condiviso un'infanzia faticosa, impigliati nelle trame sentimentali dei loro genitori, lanciati verso una tragedia che legherà per sempre l'uno all'altra i figli. Bambini, sono cresciuti nella simbiosi dolce e disperata di due fratelli adottivi affidati all'amore eccentrico di una vecchia zia che li ha lasciati correre pomeriggi interi a piedi nudi nel forte vento del Mare del Nord, sulle sue spiagge luminose. Più grandi, sono diventati quegli amanti che non riescono a stare lontani e finiscono per distruggersi per troppa vicinanza. Poi si sono separati con uno strappo violento. Ma ora Ivo è tornato e Stella capisce che tutto il mondo che ha così caparbiamente costruito e tutte le sue difese stanno per crollare. Non resta loro che un'ultima possibilità, un lungo viaggio in Georgia, per liberarsi dal trauma sepolto che li lega e per liberare, forse, il loro amore. Nino Haratischwili ha scritto un romanzo dal cuore arcaico e dal febbrile battito contemporaneo, la storia bruciante di una passione che riesce, al contempo, a compiere il suo destino e sottrarsi a esso.

RECENSIONE
Strano ma vero, a cercare in rete non si trovano quasi recensioni di questo libro, nonostante sia uscito da diversi mesi; una su Ibs, nessuna su Anobii e sui blog solo anteprime, nessuna opinione. Mi è venuto da pensare che, se tutti i lettori hanno faticato quanto ho faticato io a portarlo a termine, non è così difficile intuire il perché di questa carenza di recensioni. 

L'inizio di Il mio dolce gemelloè promettente: Stella, una giornalista forte e affermata, con una vita tranquilla, un marito devoto e un figlio delizioso, una famiglia stramba ma affettuosa, viene sconvolta dal ritorno nella sua vita del fratellastro Ivo, che ha segnato gli anni della sua gioventù con la sua affascinante incostanza, in un amore morboso, carnale e tuttavia del tutto infedele.

Dopo sette anni di silenzio Ivo torna a scoperchiare un vaso di Pandora di non detti, colpe condivise e un amore ritenuto impossibile, malato, devastante; la resa dei conti avverrà durante il viaggio in Georgia, dove Ivo deve recarsi come reporter, luogo dell'anima in cui, dopo 270 pagine, finalmente il lettore scoprirà qual è la grande colpa infantile che ha legato i due protagonisti, rendendoli fratelli, complici e amanti per l'eternità.

Presentato così, il libro attira, peccato che poi sia più che altro il “come” a intaccare il “cosa”, in un circolo vizioso di racconti intrecciati, incongruenze, espedienti di pura facciata: la figura di Ivo, che dovrebbe risultare maledetta e intrigante, è soltanto odiosa, con il suo abbandonare a più riprese Stella perché “il nostro amore è impossibile”. Stella è a sua volta irritante, persa per Ivo e fragile come una banderuola. Ma la cosa in assoluto meno riuscita è la globale riprovazione (sociale e famigliare) che circonda il sentimento esistente tra Stella e Ivo: perché diamine questo amore è percepito come così impossibile? Non si tratta di un incesto, dato che non sono fratelli di sangue, e il fatto che abbiano condiviso un evento traumatico in tenera età non è un motivo sufficiente per chiudere ogni spiraglio di comprensione.

Questa è solo la prima e più lampante incongruenza, ma ce ne sono molte altre: un'altra è il viaggio in Georgia, completamente pretestuoso e inutile a livello di trama, visto che l'avvento delle consapevolezza poteva arrivare anche senza la presenza di una storia simile a quella dei due protagonisti con cui fare un inutile confronto. Di sicuro l'autrice voleva parlare della guerra nel suo paese d'origine, ignoto ai più in Germania come altrove, ma per farlo ha scelto uno stratagemma poco funzionale, che lascia la Georgia sullo sfondo, nei racconti tediosi dei personaggi secondari, mentre il lettore vorrebbe finalmente conoscere la storia dei due protagonisti. Ecco qual è l'unico motivo per cui il lettore si trova, a rilento, alla fine di questo libro: per conoscere l'entità della colpa di due bambini innocenti. Per cui, anche se la rivelazione è senz'altro interessante, lascia l'amaro in bocca essersi sciroppati quasi 300 pagine di eventi sconnessi, per un amore che non buca la pagina.

Nota dolente è senz'altro lo stile: la mia conoscenza scolastica del tedesco non mi consente di azzardare teorie inattaccabili sul fatto che questo libro possa essere (o meno) scritto male anche in lingua originale. È anche possibile che la stessa autrice, che non è tedesca di nascita, abbia una conoscenza non perfetta della lingua, che chi ha tradotto ha cercato di rendere in italiano, mostrando una gran quantità di parentetiche volanti, incongruenze sintattiche e in generale di frasi che, magari corrette grammaticalmente, suonano malissimo all'orecchio. Il risultato, comunque sia, si legge con fatica e dà l'impressione di un libro scritto male e tradotto anche peggio.

La qualità scadente della prosa non è l'unico problema: anche le sequenze sono costruite in modo opinabile, piene di lunghissimi racconti interni in prima persona e poveri di scene mostrate in presa diretta. Questo senz'altro non può essere un difetto della traduzione ed è la cosa che mi stupisce di più: l'autrice di lavoro fa la sceneggiatrice di teatro, per cui dovrebbe essere decisamente versata nel riportare le scene con un taglio recitativo, mentre in questo libro tutto ha una consistenza davvero statica.

Ciliegina sulla torta, il pessimo titolo, che stavolta è stato tradotto letteralmente: mellifluo, stucchevole, ruffiano e tuttavia inappropriato; la “gemellanza” tra Ivo e Stella di fatto non esiste, sarebbe stato molto più corretto “Il mio dolce fratello”. Copertina ambigua e bruttina.

Insomma, un libro che è un'occasione sprecata, un colpo di sonno inatteso: una storia con delle notevoli potenzialità che affoga tra la prosa scorretta, le incongruenze, le infinite sequenze di racconto (non tutte pertinenti), le ambizioni disattese da romanzo psicologico, il fallimento del tentativo di conferire fascino ai personaggi e mordente alla storia.

Consigliato solo in caso vogliate fare un regalo sgradito al vostro peggior nemico (o alla suocera).


L'AUTRICE
Nino Haratischwili è nata nel 1983 a Tbilisi, in Georgia, e vive ad Amburgo. Sin da quando era bambina, ha cominciato a scrivere nelle due lingue in cui si sentiva a casa. In Germania, si è costruita un nome come pluripremiata regista e autrice per il teatro, prima di dedicarsi con altrettanta fortuna alla narrativa.
Il mio dolce gemello sta per uscire in diverse lingue europee.


Viewing all 270 articles
Browse latest View live